I delinquenti tramite i social network, in particolare Facebook, vendono animali protetti e non incentivando un mercato che fa gola anche alle mafie. Bisogna accrescere il coraggio dei cittadini onesti che navigano in rete affinché denuncino le proposte di vendita di animali a qualsiasi livello. Soltanto cosi potremo arginare un fenomeno che sta dilagando a macchia d’olio tra l’indifferenza delle istituzioni.
Roma – Negli ultimi tempi Facebook, la più grande piazza virtuale esistente, è diventato strumento di traffici illeciti di animali selvatici. Si tratta di piccoli di ghepardo, tigrotti, baby oranghi avorio e, come se non bastasse, pinne di squalo. Oltre a scaglie di pangolino e altri pezzi di animali trucidati. Ci mancavano pure i bracconieri senza scrupoli ad esacerbare il pericolo di estinzione della fauna selvatica, già minacciata di per sé dalla crisi ecologica globale!
Questo losco traffico è, ormai, una delle industrie più redditizie al mondo, tanto che si parla di un giro d’affari di circa 25 miliardi di dollari annui. E con la prateria virtuale dei social a disposizione, raggiungere potenziali nuovi clienti è un gioco da ragazzi! Un traffico che, secondo numerosi esperti del settore, rappresenta una delle più gravi minacce alla biodiversità globale.
Facebook, che ha sede legale negli USA, è protetta dalla legge sulla libertà d’espressione e si è sempre difesa di non avere alcuna responsabilità sui traffici di fauna selvatica. Non essendoci regolamentazione alcuna, Facebook si presenta come un mercato a cielo aperto. Migliaia di specie, o loro parti, vengono vendute come animali domestici, medicine e accessori di moda, contribuendo, secondo alcune stime, a un declino del 60% della specie.
Il traffico è cresciuto notevolmente durante la pandemia, in cui i trafficanti sono passati dagli scambi diretti alla vendita online. Un numero sempre più crescente di sostenitori e scienziati sta facendo pressione sul Governo degli USA per far cessare questo orribile traffico e per chiedere a Facebook e agli atri social di prendere le giuste misure per porre un freno al traffico di fauna selvatica che corre sul web.
Nonostante il Governo USA abbia varato una legge per la limitazione del traffico e Facebook, insieme ad altri social si siano dotati di un codice di autoregolamentazione, la situazione è peggiorata. Molto probabilmente perché le Autorità agiscono ex-post e non ex-ante e la lungaggine dei procedimenti giudiziari favorisce l’accentuarsi del fenomeno. Certamente non poteva mancare l’Italia in questa sorta di losco campionato globale del bracconaggio!
Infatti il Bel Paese è uno degli snodi più importanti e porta d’accesso per l’Europa, sia per il traffico di animali esotici che per quello di animali d’affezione provenienti dall’Est Europa. Questo fenomeno non è una minaccia solo per la biodiversità ma anche per la salute umana.
E’, infatti, molto alto il rischio di zoonosi, ovvero di infezioni trasmissibili dall’animale all’uomo. Inoltre, la perdita di biodiversità mette a forte rischio gli ecosistemi e può provocare alterazioni dei cicli biogeochimici, come quello del carbonio e dell’acqua. Infine, di rendere più probabili nuove pandemie, come ormai stabilito da tutti i rapporti internazionali.
Sul bottino molto remunerativo si è buttata a capofitto la criminalità organizzata, che quando sente odore di soldi si comporta come le iene quando avvertono quello del sangue! Le provano tutte pur di raggiungere i loro laidi obiettivi. L’Italia è, infatti, il Paese europeo con normative e protocolli di controllo tra i più incisivi.
Eppure i criminali stanno cercando di raggirare norme e controlli utilizzando quello che è stato definito “servizio taxi“. Ovvero, per evitare la confisca, ci si affida a ditte specializzate nel trasporto di animali, il cui compito è solo di fare da tramite tra gli allevatori ed i clienti, spesso vittime inconsapevoli. C’è da segnalare che l’opinione pubblica e molte associazioni ambientaliste e animaliste su scala globale stanno facendo molto per porre al centro del dibattito politico il problema del traffico di animali selvatici.
Si tratta, difatti, di salvaguardia della biodiversità e di salute pubblica, che come abbiamo visto col Covid-19, di grattacapi ce ne ha creato non pochi. Manca, invece, un’efficace strategia politica a livello globale e nazionale che miri, soprattutto, alla prevenzione del fenomeno ed alla certezza della pena. Ma le istituzioni sembrano sorde alle grida dell’opinione pubblica. Ora c’è la guerra e si pensa alle armi. Vuoi mettere?