Il virus è ancora forte e può causare danni seri. Altro che tutti in viaggio intorno al mondo. Centinaia sono i decreti attuativi che il governo Draghi deve attuare, in larga parte norme che forse non vedranno mai la luce e che sono servite soltanto come specchietto per le allodole. Cioè per gli italiani. Questi ultimi dovranno misurarsi anche con la scadenza del blocco dei licenziamenti di fine mese.
Roma – Adesso è la variante Delta che agita il sonno del governo Draghi. La temuta mutazione virale dilaga un po’ dappertutto e crea incertezza soprattutto sulla ripresa economica. Nel Bel Paese la situazione della pandemia è, per il momento, sotto controllo ma occorre continuare con determinazione la campagna vaccinale, aumentando tamponi e sequenziamento.
E forse sarà necessario mantenerla quella benedetta-maledetta mascherina che tutti ci vorremmo strappare dal muso ma che rappresenta comunque una difesa efficace e di facile utilizzo.
Insomma la pandemia non è finita, non ne siamo purtroppo ancora venuti fuori, La malattia va sempre affrontata con attenzione e senza abbassare la guardia. Intanto il governo di “unità nazionale” ha ancora tanto lavoro da svolgere in ambito legislativo.
Deve adottare qualcosa come 483 decreti attuativi che servono per rendere operative e concrete le leggi approvate negli ultimi due anni, anche quelle approvate dai due governi a firma di Giuseppe Conte. Al momento ne sono stati adottati solo la metà dei complessivi 969.
Una vera corsa contro il tempo per dare corpo e sostanza alle tante norme “risolutive” che sono state gettate come fumo negli occhi ma che sino ad oggi sono rimaste lettera morta. I provvedimenti attuativi possono essere di diverse tipologie come decreti ministeriali, decreti del presidente della Repubblica, provvedimenti direttoriali, deliberazioni del CIPESS (Comitato interministeriale per la Programmazione economica e lo Sviluppo sostenibile), protocolli d’intesa, linee di indirizzo e documenti di programmazione.
Una marea diversificata di deliberazioni che servono anche per verificare la concreta applicazione delle leggi, il cui contenuto deve essere valutato con attenzione dai funzionari dei ministeri. Poi quando le leggi interessano due o più dicasteri, come nel caso delle riforme economiche, i tempi di analisi e stesura dei decreti attuativi si allungano e possono richiedere mesi o anni. A proposito di semplificazione ed eliminazione della dannosa burocrazia.
Infatti la maggior parte dei decreti che devono essere ancora adottati sono 75 del governo formato da Movimento 5 Stelle e Lega e 298 del governo sostenuto dall’alleanza tra Movimento 5 Stelle e PD. Il governo guidato da Mario Draghi ne ha adottati ancora 4 e ne dovrà adottare 110.
Ma l’attuale compagine governativa ha avuto meno tempo a disposizione delle precedenti perché si è insediata da pochi mesi ed ha attualmente 4 decreti in corso di conversione. Per i tempi comunque lunghi l’emergenza Coronavirus ha giocato un ruolo fondamentale, soprattutto per l’approvazione delle misure di sostegno economico.
Il tasso di attuazione delle leggi approvate lo scorso anno è stato alto. Sono stati adottati infatti l’87,9% dei decreti attuativi previsti dal decreto legge Cura Italia ed il 75% del decreto Rilancio. Per cercare di accelerare i tempi di adozione, nei giorni scorsi, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, ha presentato un nuovo metodo operativo. Certamente più snello e veloce. Almeno cosi pare.
In particolare si è cercato di rendere più celere il confronto tra i ministeri, da sempre piuttosto lungo e complesso. Tra le novità c’è anche la creazione di una task-force che coinvolgerà due referenti per ogni ministero, uno dedicato all’attuazione e l’altro al monitoraggio.
Ne sapremo di più appena il confronto interministeriale verrà applicato. Nel frattempo in casa Cinque Stelle continua l’aria di burrasca. A soffiare sul fuoco non bastava il buon Grillo. Adesso ci ci mette pure Davide Casaleggio a dividere la trincea:
“…Ci sono due visioni diverse del movimento che stanno emergendo – ha detto il figlio del cofondatore dei pentastellati – e poi perché tengono segreto lo statuto ed i veri motivi dello scontro interno?..”.
Con questo clima litigioso e per nulla foriero di iniziative costruttive il governo Draghi rischia di saltare. Il confronto, infatti, tra le due ali contrapposte del partito formate da “grillini e contiani” potrebbe spezzare i già deboli equilibri parlamentari. Uniti fra di loro solo in apparenza ma in realtà legati con l’attak.
E il 30 giugno scade il blocco dei licenziamenti. Altro macigno da gestire in poche ore con i sindacati sul piede di guerra. E non solo loro.