Le elezioni a chi servono? Al Paese o ai partiti? Ma fatemi il piacere

In vista delle elezioni politiche previste per il prossimo anno, la tornata amministrativa del 2022 è stata un banco di prova importante per misurare la compattezza dei principali schieramenti in campo, tra luci ed ombre. L’astensionismo fa paura più degli avversari.

Roma – Il sipario si è chiuso, ed è tempo di bilanci. L’election day ha confermato ancora una volta la forte disaffezione degli italiani nei confronti della politica. I cittadini si sono espressi ed hanno anche mandato segnali chiari ed inequivocabili. Vincitori e perdenti sono alle prese con le analisi del voto nelle singole realtà amministrative.

Il centrodestra unito conferma la tendenza di crescita, mentre il centrosinistra sperimenta l’alleanza con il M5s ma perde la palla alla ricerca di un campo largo che non c’è. Il Pd, pur affermando la tonicità delle proprie liste, non riesce ad infiammare le platee, per il semplice fatto che l’imbuto creato con i grillini ha favorito la nascita di poli elettorali moderati e allergici al variegato mondo pentastellato e populista.

Tanto che Letta vola dal campo largo ad una coalizione di valori per battere le destre. Definizioni e proposte che non fanno altro che confondere le idee e mescolare le carte sempre con gli stessi protagonisti, che però non vengono irretiti dalle parole. I risultati e le scelte fatte sono condensati in fredde percentuali, che fino ad ora non hanno prodotto alcun campo “ampio”.

Anzi hanno reso ulteriormente difficoltosa la ricerca di un terreno su cui giocare la prossima partita elettorale. Una delle conseguenze è stata l’invasione e annessione da parte del Pd nei confronti del variegato mondo grillino. Movimento che, per motivi interni, è già da tempo allo sbando. Ora siamo ai tempi supplementari del ballottaggio che serviranno soltanto a piazzare qualche bandierina locale in attesa della vera partita del 2023.

Federico Basile, neoeletto sindaco di Messina

Nel frattempo, a Messina, Cateno De Luca si gode il successo tra le ali attonite delle altre coalizioni che fino a ieri avevano solo tentato di sbeffeggiarlo. Federico Basile è il sindaco della città dello Stretto. FdI supera la Lega anche al Nord, vincendo la sfida interna al centrodestra in molti Comuni in cui si è votato, mentre crolla il M5s e i dem consolidano i consensi nonostante il “campo non così largo” raccolto. Sembrano lontani i tempi in cui Beppe Grillo attraversava le piazze gremite di simpatizzanti che si riconoscevano in quel suo inusuale quanto convincente slogan, “…Meglio un salto nel buio che un suicidio assistito…”.

Eppure parliamo di appena 10 anni fa. Conte ammette che c’è stata incapacità nell’intercettare le sofferenze dei cittadini. E non solo:

“…Il M5s non riesce a stare sui territori – afferma l’ex premieranche perché siamo nel pieno di un corso di rilancio. Dovevamo entrare nella fase 2 per una ricostruzione e una presenza organica sui territori ma siamo in ritardo, non abbiamo ancora costituito i gruppi e i delegati territoriali. Il rallentamento è dovuto a ragioni interne ed esterne…”.

Giuseppe Conte

L’avvocato del popolo comunque annuncia che a breve sarà avviato il percorso di completamento dell’azione politica del M5s e dell’organizzazione interna comprese le articolazioni territoriali. La resa dei conti interna tra i grillini è ufficialmente iniziata. Nel centrodestra, nonostante FdI abbia superato la Lega anche nelle sue roccaforti, Meloni da sola non sfonda. Così chiede agli alleati di uscire dal governo Draghi. Intanto al centro Calenda e +Europa si godono il successo delle proprie liste, mentre il vicesegretario dem Provenzano dice “…No al giochino di scegliere tra 5S e centristi…”.

Contenti loro. Visto da fuori, purtroppo, lo spettacolo è sempre il solito. Una politica disorientata e autoreferenziale, con leader che paiono interessati unicamente ai risultati dei propri partiti e non a quelli del Paese. Gli italiani, come di consueto, ringraziano.

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