Meloni procede come un caterpillar, Lega e FI sembra aspettino solo il momento giusto per la mossa a sorpresa per tentare il ribaltone. Tuttavia se l’alleanza dovesse reggere, ora come ora il risultato sarebbe scontato viste le intenzioni di voto. Ma l’ultima parola è pur sempre del malcontento.
Roma – Fratelli d’Italia è l’unico partito che cerca di convincere gli alleati a ricandidare Nello Musumeci per il bis alla presidenza della Regione siciliana. Gli altri fanno orecchie da mercante mentre la leader della destra si mostra stupita: “…Imporre un candidato dall’alto in Sicilia? Musumeci è il candidato uscente, cinque anni fa non mi pare lo imponemmo – afferma Giorgia Meloni – io ho chiesto alla coalizione di dire se c’è un’alternativa e non mi sono state date risposte…”. Così la presidente di FdI, a margine di un evento politico, non comprende le ragioni per cui un candidato uscente che ha lavorato bene non debba essere ricandidato senza spiegazioni. Ma davvero Musumeci chiude con un bilancio positivo?
“…Io sono una persona abituata ad affrontare queste dinamiche con logica – aggiunge stizzita Meloni – non vorrei che se le spiegazioni politiche non ci sono le ragioni fossero altre. Quello che dobbiamo evitare è imporre ai siciliani un governatore di sinistra perché questo non lo accetto…”.
Gli alleati invece ritengono che Musumeci non abbia lavorato bene, tanto che l’indice di gradimento per il governatore è sceso notevolmente e proprio queste ragioni sono state riferite più volte e chiaramente, soprattutto a Ignazio La Russa ed alla stessa Meloni. Adesso si attende il responso delle elezioni amministrative, onde svelare posizioni e gradimento dell’elettorato palermitano e messinese per i partiti in lista. Da questi risultati riprenderà la storia. E si vedrà.
Salvini comunque ritiene che “…In Sicilia l’obiettivo è di vincere il 12 giugno, poi dal giorno successivo si parlerà di Regione…”. Con l’avvento del governo Draghi, FdI in ambito nazionale ha ulteriormente consolidato il proprio posizionamento nelle intenzioni di voto degli italiani, ponendosi come l’unico partito d’opposizione ad un governo di unità nazionale di cui Lega e Forza Italia avevano invece scelto di far parte. Un posizionamento per certi versi comodo per la rendita d’opposizione, che ha consentito a FdI non solo di accrescere i suoi consensi ma anche di mantenere un elevato livello di soddisfazione tra i suoi elettori. Nonostante queste considerazioni Meloni sembra essere la più draghiana del Parlamento.
Che un elettore si dichiari soddisfatto del partito per cui è intenzionato a votare potrebbe sembrare illusorio. Invece non solo insistono differenze significative tra i maggiori partiti, ma l’indice di soddisfazione tende anche a variare nel tempo. Scopriamo così che sono gli elettori del Pd quelli più critici verso il proprio partito, valutato costantemente poco al di sopra della sufficienza, mentre tra gli elettori del M5s si è assistito a un progressivo peggioramento. L’unico partito in cui la soddisfazione degli elettori è rimasta sempre molto alta e costante nel tempo è proprio FdI.
Fra le motivazioni che hanno portato FdI a crescere di quasi 17 punti percentuali in 4 anni, almeno tra gli elettori del partito di Meloni, c’è proprio l’elemento della coerenza. Laddove invece la fa da padrona la scarsa coerenza, ovvero all’interno di di Lega e Forza Italia, i sostenitori dei due partiti diventano ipercritici. Peraltro le recenti evoluzioni del consenso, in particolare dopo l’invasione russa dell’Ucraina spiegano molte delle tensioni che si stanno registrando in queste settimane tra i raggruppamenti politici.
Spaccature non solo all’interno del centrodestra, con i disaccordi sulle candidature per le elezioni amministrative e quelle regionali in Sicilia, ma anche internamente alla maggioranza parlamentare in tema di politica estera. In ogni caso FdI al momento si attesta al 22,4%, segue il Pd con il 21% e la Lega con il 15,6%, mentre il M5s è al 13% e Forza Italia all’8,3%. A seguire gli altri partiti con una forbice che va dal 4,5% all’1,8%.