È infine giunta la letterina di rimprovero dall’UE per il Bel Paese in materia di qualità dell’aria. Non si può più fare finta di nulla. Se dovessero arrivare le sanzioni non sarebbero altro che l’ennesimo peso a gravare su uno Stato in perenne emergenza.
Bruxelles – Ambiente anno nero. In Italia c’è stato “mancato rispetto, sistematico e continuativo” delle regole per contenere i livelli di emissioni di biossido di azoto. Per questo motivo si è registrata la “mancata adozione”, a partire dall’11 giugno 2011, di un piano per la qualità dell’aria previsto dalla direttiva comunitaria in materia.
Il Paese è dunque in totale e palese infrazione. Ha fatto bene la Commissione europea a sollevare il caso e se le autorità italiane non si adopereranno per sanare la situazione, l’esecutivo comunitario avvierà il procedimento legale per imporre sanzioni. Ammende che rischiano di essere salate.
Il biossido di azoto può provocare irritazione oculare, nasale o della gola e tosse. Le alterazioni della funzionalità respiratoria si possono verificare in soggetti sensibili, quali bambini, persone asmatiche o affette da bronchite cronica.
La Corte di giustizia dell’UE contesta le irregolarità, accogliendo le istanze di Bruxelles e mettendo l’Italia con le spalle al muro. Ora è davvero il momento di prendere provvedimenti. La soglia annuale di 40 microgrammi per metro cubo di NO2 è stata oltrepassata a Torino, Milano, Bergamo, Brescia, Firenze, Roma e Genova tra il 2010 e il 2018, a Catania dal 2010 al 2012 e poi dal 2014 al 2018, nelle zone industriali tra il 2010 e il 2012 e tra il 2014 e il 2017. Si tratta di un fenomeno tutt’altro che circoscritto e isolato.
Oltretutto l’Italia è stata avvisata a più riprese. Il parere motivato, cioè l’ultimo avvertimento con cui si chiede di mettersi in regola prima di essere deferiti alla Corte, risale al 2017. Da allora l’Italia ha fatto poco, ha solo guadagnato tempo, ma ora non ne ha più. Le giustificazioni addotte sin qui sono considerate come “non valide” ai fini del mancato contrasto alle emissioni di NO2.
Tante le storielle poste a difesa, come le difficoltà strutturali legate ai fattori socio-economici, gli investimenti di grande portata da mettere in opera, i lunghi tempi di attuazione dei piani adottati, le tradizioni locali, cofattori causali esterni quali la configurazione orografica di certe zone e la circolazione dei veicoli diesel. Ne hanno provata di ogni.
Ora il tempo delle chiacchiere è scaduto e l’Italia dovrà agire per davvero. Per quel che riguarda la qualità dell’aria, sono stati registrati solo progressi limitati nella riduzione delle emissioni totali. Gli accordi tra il governo nazionale e le amministrazioni regionali hanno incluso misure di pianificazione come le zone a traffico limitato, incentivi fiscali e miglioramenti tecnici ai veicoli. Tuttavia la commissione europea è impietosa:
“…Sono stati registrati [tra il 2016 e il 2017, ndr] superamenti della soglia dei valori massimi di concentrazione di polveri sottili e di NO2. La ragione principale dei superamenti è legata all’alta incidenza del traffico stradale in Italia, con più dell’80% degli spostamenti realizzati tramite veicoli privati, nonché ai metodi di combustione inefficienti in ambienti domestici…”.
Secondo la Commissione è inoltre necessario “…Compiere progressi nella riduzione delle sovvenzioni ai veicoli aziendali, nel garantire parità tra il prezzo della benzina e quello del diesel, nonché nell’investimento in modi di trasporto più sostenibili…”.
Il riesame dell’attuazione delle politiche ambientali del 2019 evidenzia che l’Italia potrebbe garantire un uso più efficiente dei fondi UE e delle opportunità di accesso ai prestiti, evitando la riassegnazione del bilancio destinato all’ambiente ad altri settori. Incrementando in tal modo l’assorbimento dei fondi tramite attività mirate di sviluppo delle capacità. Siamo alle solite. L’ennesima tirata d’orecchie per la nostra classe dirigente. Continuiamo a sperare che qualcosa cambierà. Non ci costa nulla!