E la sinistra dovrebbe prima battersi il petto e poi farsi un lungo pianto dopo gli errori commessi prima con Conte e poi con Draghi. Ripetere sino alla nausea di battere la destra e servito a spingere Giorgia Meloni verso un nuovo governo che gli italiani si augurano risolutivo dei problemi di sopravvivenza. Letta? Solo un brutto ricordo.
Roma – La sinistra ha sempre avuto difficoltà a trovare una casa comune che accogliesse le diverse sensibilità. Dunque ha preferito la divisione, la frammentazione per esaltare diversità difficili da cogliere e ricercare. Infatti non è bastato nemmeno il tanto invocato campo largo di “lettiana” memoria per cercare di tessere un filo rosso che potesse unire tutte le anime della sinistra, che in quest’ultima tornata elettorale si sono presentate con simboli diversi, senza però raggiungere alcun risultato degno di nota. In sostanza l’unico tentativo di aggregazione è stato racchiuso solo nel solito refrain: battere la destra. La cosa ha subito l’esito contrario: la destra ha vinto.
Speriamo solo che una analisi, ampia e profonda, venga fatta al più presto. In ogni caso da una sonora sconfitta potrebbe ricavarsi una nuova opportunità di dialogo, anche se i dubbi sono notevoli. In compenso nel Pd si è già aperta la corsa alla segreteria nazionale. Infatti l’ex ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli è la prima donna a candidarsi alla segreteria del Partito Democratico al congresso, che secondo alcune indiscrezioni non confermate potrebbe essere anticipato da marzo a ottobre.
Anche un altro nome potrebbe essere in corsa ed è quello del sindaco di Pesaro Matteo Ricci. In tanti, comunque, sarebbero pronti a prendere le redini del “Pd post Letta“, uscito malconcio dal risultato deludente delle ultime elezioni. Ma nonostante tante disponibilità, e chissà quante altre ne usciranno, non servirà proprio a nulla una sostituzione “a freddo”, almeno fino a quando non si avvierà una seria analisi sul passato ed il futuro percorso da intraprendere. In ogni caso ormai siamo al post elezioni e di questo bisogna occuparsi. L’idea di sistemare qualcosa con il PNRR di Draghi sta già rischiando di fallire, il pericolo infatti è che le feroci divisioni ideologiche possano impedire di fare vere riforme.
La risibile proposta per la Giustizia non è una riforma, è solo una striscia di “cancelletto” su cui si è voluto scrivere sopra nuove proposte e regole che non hanno una visione complessiva se non quella di gestire il presente da un punto di vista ragionieristico. Rimane, anche, il rischio di indebitarci fino al collo, senza sapere con quali redditi si pagheranno i debiti.
La povertà avanza ed il Paese arretra. Viviamo di debiti e di bonus. Per quanto tempo si può andare avanti così? Sono esempi che fanno capire il motivo per cui la maggioranza degli italiani ha preferito sperimentare Giorgia Meloni. Infatti se siamo arrivati a questo punto ci sono responsabilità da scontare, che non si possono nascondere dietro le emergenze sanitarie, internazionali ed economiche. I cittadini hanno bocciato i partiti governativi per eccellenza e fra questi il Pd, che si sono resi responsabili negli anni di un immobilismo catastrofico.
Questi pensieri hanno attraversato la mente degli italiani che hanno votato Meloni. Perché la leader di FdI ha guardato non con sguardo da tigre, ma con occhi disincantati la realtà, affrontando temi che la sinistra aveva nascosto da decenni sotto il tappeto, come l’inadeguatezza della Costituzione e l’assurdità della struttura istituzionale. Ecco molte, forse troppe, speranze sono state messe in mano a FdI, pensando fosse l’ultima spiaggia. Per troppo tempo il centrosinistra ha infilato la testa sotto la sabbia, d’altronde non è un caso se ancora si parla, per esempio, di divario tra Nord e Sud.