Centinaia di imprenditori vittime dei cravattari. Mafia all’assalto delle aziende in ginocchio

Complici la pandemia ma anche un sistema creditizio da ghigliottina, gli imprenditori più a rischio, per non chiudere, chiedono denaro a usura. In pochi denunciano e chi lo fa rimane solo e senza sostegno

Roma – L’impatto del Covid sull’economia nazionale e sulle imprese è stato devastante. I numeri sono impietosi ed evidenziano una situazione disperata per centinaia di migliaia di lavoratori.

Confcommercio nel corso dell’anno ha fotografato più volte lo scenario “apocalittico che si è venuto a creare, chiedendo a gran voce sostegni e ristori più adeguati per il settore dei servizi, (commercio, turismo, ristorazione, trasporti), che più di ogni altro ha pagato il default dovuto al coronavirus.

Sono circa 300mila le imprese del commercio non alimentare e dei servizi che rischiano di chiudere i battenti in modo definitivo.

Tra le cause principali ci sono certamente la perdita quasi totale di fatturato e la conseguente crisi di liquidità a cui poi si devono aggiungere le complicanze burocratiche, che già in tempi normali affossano l’attività economica ma che in una situazione così eccezionale hanno dato il colpo di grazia. Tasse e balzelli diversi non lasciano scampo.

Dunque uno scenario desolante al quale purtroppo bisogna aggiungere un altro elemento, anch’esso purtroppo storicamente presente nella vita di chi fa impresa e che nell’ultimo anno è emerso con ancora più forza e determinazione: l’usura.

“...Infatti rispetto al 2019 – ha detto Mariano Bella direttore dell’Ufficio Studi Confcommercio – è più che raddoppiata la quota di imprenditori che ritiene il fenomeno deviante in netto aumento tanto da mettere a rischio usura circa quarantamila imprese del commercio, della ristorazione e dell’alloggio…”.

Mariano Bella

Secondo Bella poi ci sono le solite differenze territoriali:”…Il Mezzogiorno purtroppo paga un prezzo più alto – ha spiegato il direttore dell’Ufficio Studi – e il rischio di chiusura definitiva per le imprese è maggiore. Per fare un esempio, tra nove grandi città italiane colpite dall’usura, Napoli, Bari e Palermo sono tra quelle più a rischio…”.

Nonostante per diverse ragioni, ha detto Bella, le imprese del Nord hanno patito di più la pandemia, eppure sia per una condizione strutturale di esposizione alla criminalità, sia per una maggiore fragilità intrinseca dell’impresa, è proprio il tessuto produttivo del Sud ad apparire più soggetto a shock negativi.

Inutile nasconderlo l’usura rimane una tipologia di reato che fatica ad essere denunciato. A frenare la propensione a denunciare non è tanto, come più volte affermato, la speranza di poter restituire il prestito, quanto la paura di subire ritorsioni.

Pertanto il meccanismo che blocca è, soprattutto, la percezione di essere soli, la poca fiducia nella giustizia, l’assenza delle istituzioni e la vergogna che caratterizza coloro che, in ultima istanza, sono stati costretti a rivolgersi agli strozzini.

E’ indubbio che lo scenario in atto è di grande interesse per le mafie che sono capaci di adattarsi ai cambiamenti di carattere economico ed intercettare le tante risorse messe in campo dal governo per sostenere l’economia.

L’usura è il tipico reato spia sintomatico della penetrazione della criminalità organizzata sul territorio che approfitta della mancanza di liquidità delle imprese per lucrarci, soffocando e distruggendo definitivamente l’azienda e le maestranze.

La criminalità organizzata, infatti, ha sottolineato il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, è capace di mettere in piedi una sorta di “welfare alternativo per le famiglie che poi rimangono incastrate nell’ingranaggio dell’usura”.

Il capo del Viminale ha inoltre ricordato l’impegno del governo nell’attività di contrasto e prevenzione ed ha menzionato proprio un organismo di monitoraggio creato per fotografare il fenomeno criminale.

Bisogna ricordare che la mafia ha sempre lucrato sulle disgrazie altrui. Lo sta facendo anche adesso, in piena pandemia, con un’economia messa in ginocchio dal Covid.

Il vecchio usuraio al suo tavolo di lavoro

Le imprese già da tempo hanno cominciato a boccheggiare e il crimine organizzato è sempre lì, pronto a pompare denaro sporco invadendo ogni spazio lasciato vuoto nell’economia legale. Di contro rimangono da anni in panchina la riforma del sistema creditizio e una migliore legislazione per combattere il fenomeno criminale.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa