Siamo ancora distanti da certi obiettivi che in altri Paesi europei sono già stati raggiunti, o quasi. Gli indicatori parlano di numeri scarsi mentre gli effetti post-pandemia si fanno sentire in maniera forte. Il disagio giovanile e i problemi di lavoro per le donne, oltre ad una drastico calo delle relazioni sociali, indicano che siamo ancora in alto mare per quanto riguarda ripartenza e stabilità. Ma la politica nostrana continua a ripetere che “tutto va bene”.
Roma – Lo scorso 21 aprile è stato presentato dall’Istituto Nazionale di Statistica il Rapporto su Benessere Equo e Sostenibile (BES). E’ un quadro complessivo dell’ultimo biennio: il 2020 l’anno dell’emergenza sanitaria e il 2021, quello della ripresa. La fotografia è stata effettuata attraverso i dodici domini del benessere visti nella loro evoluzione e differenza tra popolazioni e territori.
Si tratta di: salute; istruzione e formazione; lavoro e conciliazione dei tempi di vita; benessere economico; relazioni sociali; politica e istituzioni; sicurezza; benessere soggettivo; paesaggio e patrimonio culturale; ambiente; innovazione, ricerca e creatività; qualità dei servizi.
Il progetto è nato per rispondere ad una banalissima ma difficilissima domanda: come va la vita in Italia? In teoria è uno studio specifico per portare alla luce le aree dove si manifestano le diseguaglianze economico-sociali ed i gruppi più svantaggiati e di indicare, su evidenze scientifiche, le politiche ad hoc.
Con gli effetti della pandemia, che ancora si fanno sentire, la realtà sociale non poteva che essere composita. Sono emersi alcuni fattori: a livello nazionale una riduzione della speranza di vita alla nascita nel 2020; la mortalità resta più elevata al sud; la spesa dei Comuni per la cultura mostra un netto divario territoriale a favore del centro-nord; abusivismo edilizio più diffuso nel meridione.
La popolazione femminile è stata più colpita dagli effetti della pandemia nei livelli del benessere mentale e occupazionale, soprattutto per le madri con figli piccoli. Ma anche i bambini e gli adolescenti hanno pagato un conto salato a causa della pandemia. Sono loro, infatti, a chiedere la massima attenzione alla Politica per gli anni a venire.
Un aspetto che deve far riflettere un po’ tutti è il disagio psicologico dei ragazzi di età compresa fra i 14-19 anni, con casi che sfiorano le patologie relative alla salute mentale. D’altronde le recenti cronache di bullismo, violenza, vandalismo con protagonisti giovanissimi, stanno a dimostrare quanto il disagio sia diffuso e come la sofferenza possa non essere transitoria.
La pandemia ha prodotto anche un calo dell’attività fisica e delle relazioni con gli amici, mentre sono state riscontrate percentuali in aumento di consumatori di alcool e di coloro che vivono relazioni familiari insoddisfacenti.
Nel 2021 abbiamo assistito anche ad una contrazione dell’attività di volontariato. Altra nota dolente riguarda il tasso di occupazione giovanile molto basso, soprattutto tra le ragazze. Inoltre è risaputo che l’Italia detiene un triste primato: la più alta percentuale di giovani tra i 15-29 che non studiano, né lavorano. Sono i famosi NEET: Not in Employment, Education or Training.
E siccome non ci facciamo mancare niente a questi va aggiunto l’elevato numero di abbandoni scolastici. I giovani tra i 18-24 anni che escono dal sistema di istruzione e formazione senza il fatidico pezzo di carta sono pari al 12,7%, che supera il limite massimo fissato in sede europea: il 10%. Sono conosciuti con l’acronimo inglese ELET – Early Leavers from Education and Training (trad. abbandono precoce dell’istruzione e della formazione).
L’altro aspetto deleterio è che il nostro Paese non offre ai giovani più istruiti e qualificati opportunità adeguate. E poi ci si meraviglia della cosiddetta fuga dei cervelli all’estero e dal Mezzogiorno al Nord Italia. In un Paese che invecchia le politiche giovanili dovrebbero essere la priorità, perché non si tratta di soddisfare il benessere dei giovani, qui sono in gioco le sorti dell’intera società.
Ma a volte più che rivolgersi alla statistica basta farsi un giro al mattino presto, quando una marea di pendolari in treno o in autobus si mette in moto per guadagnarsi il pane. I loro corpi sono stanchi, usurati dal tempo e trascinati a fatica, con un fardello troppo pesante da portare sulle spalle ed i loro occhi persi nel vuoto, i loro visi tristi perché esausti, ci raccontano una storia diversa.
Altro che Benessere Equo e Sostenibile: queste sono le testimonianze dirette di chi “tira a campare con enormi sacrifici” perché vinto, sconfitto dalla vita. Sono persone che il benessere non sanno nemmeno cosa sia e, con questi chiari di luna, non lo sapranno mai. E’ guerra pure questa!