Altro che Flic, quello pericoloso è FloC

Il sistema di profilazione è stato messo al bando dal quotidiano italiano Il Manifesto e dall’inglese The Guardian per evitare problemi ai lettori. FloC è uno dei tanti metodi-spia con il quale si sa tutto di noi, dai gusti sul cibo sino ai nostri hobbies, passando per le preferenze su musica, cinema e tv. Adesso ci avete rotto davvero.

Forse la privacy può essere protetta, chissà. Girovagando in quell’immensa e dispersiva prateria che è il web, una notizia ha attratto la nostra attenzione. Il giornale Il Manifesto ha deciso di disattivare il tracciamento di Google FloC, per proteggere la privacy dei lettori.

All’inizio si stentava a crederci. Non perché non fosse realizzabile il lodevole intento dei colleghi de Il Manifesto. Ma perché da bambini “Flic” era sempre insieme al suo gemello “Floc“. Sembravano inseparabili.

Chi non ricorda? Succedeva che si pronunciava la stessa parola in contemporanea e si scoppiava a ridere, per poi ripetere come una filastroccaun due e tre Flic o Floc“, fino a quando entrambi non la pronunciavano insieme. Si poteva andare all’infinito. Qui invece si tratta solo di FLoC, del gemello Flic neppure l’ombra.

Non stiamo parlando, però, di giochi da bambino ma di serie questioni tecnologiche. Cos’è FLoC? Il Federated Learning of Cohorts è il nuovo sistema di tracciamento degli utenti che Google sta sperimentando su Chrome per sostituire i cookies.

In pratica i lettori de Il Manifesto sono protetti da possibili violazioni della privacy per interessi commerciali. Tutti, ormai, abbiamo a che fare con questi file di testo, che nessuno ha richiesto, né si è mai avvertita la loro mancanza. Appaiono all’improvviso, tra il lusco ed il brusco, come presenze indesiderate, a volte inquietanti.

Questi file, se gestiti da società diverse da quella del sito che si sta visitando, hanno la possibilità di raccogliere dati sugli utenti ed incrociarli con quelli raccolti su altri siti. Ad esempio se si sta guardando un video si può involontariamente comunicare a gestori di piattaforme esterne ciò che si sta ascoltando o visualizzando. Ecco perchè poi appaiono sugli screen dei pop-up indesiderati ma coerenti con i video guardati o la musica ascoltata.

Matteo Bartocci

Matteo Bartocci, direttore editoriale del quotidiano comunista ha commentato: “…Seppure FLoC sia stata dichiarata indisponibile da Google sui siti dell’Unione Europea, per via del regolamento europeo sulla protezione dei dati, GDPR, abbiamo preferito la difesa a priori della privacy dei lettori…”.

Secondo gli esperti FLoC è un sistema infido per gli utenti. La sua strategia è la raccolta dei dati dei navigatori del web in piccoli gruppi di persone, chiamati appunto coorti, che manifestano gusti e comportamenti simili. Un vero metodo di profilazione del comportamento all’apparenza indiretto.

Privacy e protezione dei dati personali: attenzione, c’è differenza.

Ma data la pervasività dei dati conosciuti da Google e dai suoi vari prodotti e la sua onnipresenza in rete, è lecito porsi più di un interrogativo. FLoC potrebbe descrivere in maniera automatica un ritratto molto dettagliato e preciso di qualunque persona, mettendo gli utenti in una condizione di assoluta indifesa? La risposta è: sì, Google può.

Il Manifesto non è stato il solo a mettere in atto la disattivazione di FLoC. Anche il britannico The Guardian lo ha fatto.

Così come Amazon, ma in questo caso più che difendere la privacy dei propri clienti, non voleva correre il rischio di condividere gratis – quando si tratta di soldi, si è sempre pronti a tutto – con Google i gusti di acquisto dei suoi milioni di consumatori. Ovviamente Google non è stata con le mani in mano, ci mancherebbe.

Nel giugno scorso ha annunciato che sposterà di almeno due anni l’abbandono definitivo del sistema dei cookie di terze parti. Forse le nuove sperimentazioni sulla profilazione non riescono ancora a garantire al meglio il gigantesco mercato della pubblicità on line, di gran lunga dominato proprio dai prodotti e dalle offerte di Google stessa.

Speriamo che questi sistemi a difesa della privacy di chi si trova davanti ad un computer siano percorribili e, soprattutto efficaci. Va bene la tecnologia ma che ci sia qualcuno o qualcosa, nascosto chissà dove, che possa spiarci, beh, questo rode e non poco!                                                

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