Il piano subirà un’inversione di marcia se non un arresto come molti si auguravano. Non certo pensando ad una guerra, ci auguriamo. Il problema vero è che appena sorge una difficoltà di qualsiasi natura, la prima cosa che viene chiesta è quella di allargare i cordoni della borsa con incentivi e sostegni. Tanto pagano i soliti noti. E la politica non aspettava altro.
Roma – L’aumento dei prezzi dell’energia collegati a quelli delle materie prime rischia di bloccare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ci mancava pure la guerra in Ucraina e le sanzioni imposte dall’Occidente alla Russia a complicare una situazione di per sé già non rosea! L’allarme è stato lanciato sia da esponenti del Governo che da operatori dei vari settori che hanno a che fare con le materie prime. Voci di corridoio dicono che è molto probabile la revisione e riproposizione del PNRR. Mentre Putin chiede il pagamento del gas in rubli.
A proposito di difficoltà dei vari comparti dell’economia, particolarmente preoccupata si è mostrata ANCE, l’Associazione Nazionale Costruttori Edili. Il casus belli è stato l’ultimo decreto energia, che ha stralciato una norma secondo la quale le imprese avrebbero potuto prorogare o sospendere i lavori causa rincari delle materie prime.
Gabriele Buia, presidente dell’Ance, con determinazione ha fatto il quadro della situazione: “…Inconcepibile il modus operandi del Governo. Urgono, nell’immediato, misure per calmierare i prezzi e compensare i maggiori costi a cui sono sottoposte le imprese, altrimenti la carenza di materie prime fermerà i cantieri. La situazione è fuori controllo, i prezzi sono alle stelle e materiale come bitume, acciaio e alluminio, è introvabile. Serve un meccanismo che consenta l’adeguamento automatico dei prezzi ai valori correnti e misure di compensazione per gli aumenti subiti…”.
Un aggiustamento del PNRR è ritenuto doveroso anche dal ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta che, dall’alto della sua conoscenza in materia economica ha cosi sentenziato:
“…Il PNRR va rivisto perché non incorpora l’aumento dell’inflazione e nemmeno i cambiamenti geopolitici che si sono verificati. L’Occidente e l’Europa devono trasformarsi da una potenza meramente normativa (soft power) ad una economica, energetica e della sicurezza…”.
In ambito geopolitico col termine soft power si intende la capacità di uno Stato di esercitare la sua influenza utilizzando strumenti immateriali, quali la cultura, l’intrattenimento e lo sport. Questo vuol dire per uno Stato investire sulla propria “immagine” e “reputazione” all’estero.
Le voci di un cambiamento del PNRR si stanno così diffondendo da formare un vero e proprio coro. Il ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti aveva anticipato tutti, qualche settimana fa, con un suo pronostico poi rivelatosi azzeccato:
“…L’aggravarsi degli scenari internazionali – aveva detto Giorgetti – potrebbe mettere a repentaglio la realizzazione di alcuni obiettivi inseriti nel PNRR. Non bisogna disperdere un’opportunità unica come il PNRR e rimettere al centro delle politiche nazionali il settore manifatturiero, per il peso che, tuttora, l’industria riveste nella costruzione del PIL…”.
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Non è nostra intenzione entrare in conflitto dialettico con cotanta cultura politica e imprenditoriale. Però qualche piccolo distinguo va fatto. Il primo è la constatazione che appena sorge una difficoltà o criticità di qualsiasi tipo, la prima cosa che viene chiesta è di allargare i cordoni della borsa con incentivi e sostegni vari. Tanto pagano i soliti noti.
Il secondo è l’amara sensazione che la politica non aspettasse altro che un avvenimento qualsiasi per proporre un ripensamento del PNRR, che celasse le difficoltà di attuarlo. Non è che si augurassero una guerra alle porte di casa, per carità, però a pensar male…