Ne parliamo con il professore Matteo Licari, nella sua veste di docente di Sociologia, a seguito del suo interessante intervento molto seguito dal pubblico in occasione dell’incontro postumo alla manifestazione in memoria delle vittime del Covid. Ritorniamo sull’argomento a proposito dell’evolversi della “Quarta ondata” che sta destando forti preoccupazioni a livello sanitario ed istituzionale.
Acicastello – Abbiamo incontrato Matteo Licari, avvocato e sociologo, presso i locali dell’Area Marina Protetta di Aci Trezza, antico borgo marinaro etneo, in occasione della manifestazione “Un albero per ricordare” in memoria delle vittime del Covid. Abbiamo chiesto al cattedratico di tornare al suo interessante contributo sulle “Dinamiche relazionali ai tempi della pandemia”, tema che ha appassionato il pubblico presente in sala.
- Professore Licari, una sua riflessione approfondita sulle conseguenze nei rapporti interpersonali dei comportamenti necessitati dalla pandemia. Qualche giorno fa, ho sentito un papà dire a suo figlio di 5/6 anni “…Ti avevo detto di stare lontano dalle persone!..“. Dunque, in questa maniera, si “segna” il bambino. Gli altri sono un pericolo. Le chiedo ma un domani come crescerà il sentimento di fiducia nei bambini che stanno vivendo questi tempi oscuri?
“…Certamente questa generazione di bambini e di ragazzi che non possono, diciamo, vivere una vita relazionale ricca, ma devono gestirla in modo limitato – dice Licari – crescono con un bisogno di fiducia molto più forte, rispetto che nel passato. È proprio per questo che dobbiamo insegnare loro che la fiducia è una relazione. Non è un sentimento soggettivo, ma è un modo di gestire il rapporto con l’altro, che cosa facciamo io e l’altro insieme. Quindi ai bambini va spiegato che la distanza fisica che devono avere non è la stessa cosa che la distanza relazionale: la distanza relazionale presuppone un’apertura, diciamo così, di credito all’altro, però sapendo che ci sono sempre dei rischi nel rapporto con gli altri. Ai bambini va insegnato proprio questo, che bisogna gestire le relazioni…”.
- Il tema delle relazioni è balzato in primo piano come una cosa bella e desiderabile, perfino nelle pubblicità televisive. Un traguardo da raggiungere. Intanto dobbiamo continuare a tenerci collegati con gli strumenti che ci offre la tecnologia che sono meravigliosi, ma il ricorso a queste modalità ha e avrà qualche conseguenza su di noi a lungo andare?
“…Certamente ci sono delle conseguenze enormi che vanno sotto il capitolo della ibridazione delle relazioni – aggiunge Licari – Nel senso che le dimensioni umane della relazione e quelle tecnologiche si ibridano e il problema, ancora, è che non abbiamo una cultura delle relazioni, non sappiamo distinguere la relazione interpersonale faccia a faccia, dalla relazione mediata dalla tecnologia. Quanto più usiamo le tecnologie che mediano la relazione con gli altri, quanto più il modo di funzionare della tecnologia entra anche nella mente. Cioè noi ci adattiamo al mezzo e in questo modo ibridiamo la nostra identità perché questa diventa la nostra immagine, la fotografia che mettiamo sui social ecc… Quindi bisogna stare attenti a distinguere le relazioni interpersonali da quelle mediate tecnologicamente. Per molte persone sono la stessa cosa e anche molti studiosi lo dicono, ma non è vero…”.
- Per chiarire il concetto quanto sono correlati il virus e la relazione?
“…In un certo senso possiamo dire che “il virus è nella relazione“ – continua Licari – è la stessa relazione, quando questa non è compresa nella sua portata. Ma nello stesso tempo, la relazione “è il suo rimedio”, se siamo capaci di capirlo…”.
- Oggi, perdurando lo stato di emergenza, tra tanta incertezza e disagio psicologico, quali conseguenze dobbiamo aspettarci nella società?
“…Il cuore dell’uomo non è mai cambiato dai tempi della sua comparsa sulla Terra – ha evidenziato Matteo Licari – la ragione lo induce a imparare dall’esperienza, ma l’istinto animale che Schopenhauer ha chiamato “inconscio” lo sovrasta in ogni modo e inattiva la ragione… Se l’umanità fosse governata dalla ragione, dopo gli orrori della prima guerra, non ne avrebbe fatte più, mentre ne ha fatte centomila. No, la pandemia non lo renderà più buono, resterà sempre quello descritto da Hobbes “l’homo omini lupus”…”.
- Lei ha reso palese la particolare complessità del fenomeno pandemico ed ha evidenziato come sul piano personale la pandemia abbia portato un aumento dei casi si ansia, insonnia e non solo. E cosi?
“…Molto di più: confusione, depressione, aggressività, angoscia – afferma Licari – e tutti questi disturbi hanno riguardato in maggioranza le donne, statistiche alla mano. La pandemia, ha comunque avuto il “pregio” di avere fatto riscoprire la centralità delle relazioni e quanto sia importante saperle gestire, perché le relazioni decidono della qualità della nostra vita nel bene e nel male. In questi due anni sono state veicoli della diffusione della pandemia proprio perché non si sono sapute gestire…”.
Possibile, dunque, oltre che auspicabile, sperare in un prossimo tempo “finale” pandemico. In grado di apportare note di positività nelle relazioni fra individui che più di ogni altra forma di micro-gruppo, in buona percentuale, hanno subìto e sofferto di particolari situazioni emotive stressanti.
Con conseguenze a volte non immediatamente correlabili. Certo che negli ultimi due anni i femminicidi o altri atti di violenza in famiglia, sono aumentati in modo drammatico e se non sono vittime annoverabili come “causa” del Covid, lo sono per diretta conseguenza.