Tasse e balzelli premono sempre di più sui soliti noti al Fisco. Gli sconosciuti ovvero i grandi evasori continuano a farla franca facendo aumentare la pressione fiscale su imprese e contribuenti che già pagano più del dovuto rispetto alla media europea. E di riforme serie ancora non se ne parla.
Roma – L’opinione pubblica quando sente parlare di tasse, tributi e imposte, accusa palpitazioni e malesseri e si fa prendere dal magone perché ritiene qualsiasi esborso un salasso, frutto di un brutale atto d’imperio da parte dell’autorità costituita.
E’ comprensibile che farsi mettere le mani in tasca sia spiacevole per qualsiasi cittadino. Tuttavia non è giustificabile la riottosità che viene espressa nel compiere un atto doveroso per una moderna democrazia.
Una rapida ricerca ci informa che la tassa è un tipo di tributo, espresso in denaro, dovuto dai privati cittadini allo Stato.
Essa si differenzia dall’imposta perché viene richiesta in base al principio della controprestazione. Ovvero è correlata ad un pagamento effettuato come corrispettivo di una prestazione erogata da un servizio e/o ente pubblico. Ad esempio, tasse portuali e aeroportuali, licenze, concessioni.
La tassa si paga in cambio di un servizio di cui un comune cittadino può avvalersi o meno e, generalmente, non dipende né dal reddito, né dal costo del servizio richiesto. Nel linguaggio comune il termine tassa viene usato per indicare l’imposizione fiscale per la quale è più consono il termine tributo.
L’immagine dello Stato vampiro che con tasse e tributi succhia il sangue dei cittadini è talmente diffusa da diventare pervasiva, entrando a pieno titolo nell’immaginario collettivo e nella consuetudine popolare. Il cinema è stato lo strumento artistico che più di ogni altro ha saputo rappresentare questo tratto caratteristico del popolo italiano.
Emblematico, a tal riguardo, il film “I Tartassati” del 1959 con la regia di Steno e con la magistrale interpretazione di Totò e Aldo Fabrizi, due mostri sacri della comicità e della commedia italiana, in cui venivano raccontate le esilaranti vicissitudini di un negoziante di tessuti (Totò) e di un maresciallo della Guardia di finanza (Aldo Fabrizi).
In particolare, come pennellate d’autore, in maniera sontuosa sono stati rappresentati i tentativi grotteschi del negoziante di evitare il pagamento delle tasse, cercando di corrompere il funzionario pubblico. Poi, come spesso succede nella realtà italiana, finiva tutto a tarallucci e vino. Nella fattispecie con il matrimonio dei rispettivi figli.
Che in Italia ci sia una mole eccessiva di tasse, tributi e balzelli vari è un dato di fatto risaputo. Che ci siano settori tartassati ed altri che le tasse non le conoscono proprio perché non le pagano affatto o poco, è altrettanto assodato.
Lo ha ribadito in modo perentorio la Corte dei Conti nel Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 2021. Il fisco è sbilanciato sui dipendenti. Infatti i magistrati contabili rilevano che deviazioni del fisco hanno condotto ad un prelievo concentrato sui redditi da lavoro dipendente e pensioni.
Piuttosto sbilanciato sui redditi medi e con andamenti irregolari e distorsivi delle aliquote marginali effettive. Non solo.
Il declino del peso dei redditi da lavoro sul Pil, la persistente e significativa evasione e il proliferare di trattamenti tributari differenziati contribuiscono a mettere in dubbio che si possa ancora parlare di prelievo generale sui redditi.
Quando la smetteremo di compiere deviazioni e decideremo di intraprendere la diritta via smarrita, che ci condurrà verso un fisco più equo dell’attuale? Con la riforma, direte voi, ma mi faccino il piacere, mi faccino…