Il clima post-elettorale non si rasserena, anzi si surriscalda sempre di più per l’importanza dei tanti dossier, in chiave Pnrr, nonché per le elezioni del 2023. Tensione su tutti i fronti, insomma: esteri, interni e partiti. Chissà che almeno i singoli politici abbiano le idee chiare? Macchè. Vabbè ci abbiamo provato…
Roma – L’aula del Senato ha approvato definitivamente la riforma Cartabia sul Csm e l’ordinamento giudiziario con 173 voti a favore, 37 contrari e 16 astenuti. La riforma ora è legge. La Lega in extremis si allinea. Contento il Pd, che esulta per l’approvazione definitiva della riforma. Per FdI si tratta, invece, di una legge inutile se non dannosa ed è anche la ragione per cui il partito della Meloni ha espresso il suo voto contrario.
Impietoso il giudizio del procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, il quale ritiene che la riforma non modifichi in alcun modo il sistema delle correnti, che tutti denunciano a parola e spergiurano di voler eliminare. Anzi il bieco sistema ne uscirebbe addirittura fortificato. “…Le correnti per il magistrato – avvisa Gratteri – continueranno a fare quello che fanno e il loro strapotere non verrà in alcun modo indebolito o archiviato…”.
Non è finita. Gratteri, partendo dalla considerazione che la magistratura è uno dei tre poteri dello Stato, ritiene che la separazione dei poteri sia uno dei principi fondamentali su cui si fondano uno Stato di diritto e una democrazia liberale.
Oltre alla modifica al sistema di elezione dei componenti del Csm, la nuova riforma prevede anche che i magistrati che hanno ricoperto cariche elettive o incarichi di governo non potranno più tornare a svolgere funzioni giurisdizionali.
Dovranno restare per un anno fuori ruolo senza svolgere funzioni apicali. Per tre anni, poi, non potranno ricoprire incarichi direttivi. Diverso il caso di magistrati candidati ma non eletti, che per tre anni non potranno più lavorare nella Regione che ricomprende la circoscrizione elettorale in cui si sono candidati, né in quella dove si trova il distretto in cui lavoravano.
Introdotto anche il divieto di esercitare funzioni giurisdizionali e ricoprire allo stesso tempo cariche elettive locali o nazionali e governative. Gli eletti dovranno collocarsi in aspettativa per l’assunzione dell’incarico, senza assegno nel caso di carica locale.
La riforma inoltre ammette un solo passaggio di funzione tra requirente e giudicante nel penale, entro 10 anni dall’assegnazione della prima sede. Il limite non opera per il passaggio al settore civile e per l’ingresso in Procura generale presso la Cassazione.
In ogni caso è stata posta la parola fine alle cosiddette “nomine a pacchetto”. L’assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi si decideranno in base all’ordine cronologico dei posti scoperti. I membri del Csm, insieme ai tre componenti di diritto, ovvero il Presidente della Repubblica, il Primo Presidente di Cassazione e il Procuratore Generale della Cassazione, saranno 20 membri togati, due di legittimità, cinque Pm e 13 giudicanti e 10 laici. Per questi ultimi, viene specificamente richiesto che sia rispettata la parità di genere nella scelta delle candidature da parte del Parlamento.
Renzi sferra un duro attacco sull’intera riforma della giustizia. La Lega dopo il fallimento del referendum è un po’ in difficoltà, specialmente dopo il voto delle amministrative e cerca il rilancio trovandosi unita negli attacchi al governo.
Così si concentra sulla tormentata riforma del Csm, che si trova in aula al Senato, presentando una serie di emendamenti e soprattutto chiedendo il voto segreto. Ma il maldestro tentativo non passa e si spiana la strada ugualmente al provvedimento. In ogni caso è una strategia “barricadiera” che fa supporre il clima rovente che in questi mesi peggiorerà sempre più.