Pace? Allora reggi il moccolo a Putin…

La parola pace non rievoca più un concetto antitetico alla violenza e non rimanda al rispetto per le vite umane ma all’asservimento al potere di Putin. Guai a pronunciarla pubblicamente, pena l’essere apostrofati come nemico giurato dell’Ucraina. Il motivo è presto detto: l’intero arco parlamentare ha deciso di sostenere, con le armi, la resistenza di Zelensky.

Roma – La polemica sugli armamenti non si placa, anzi. Sembrava tutto chiarito e ridimensionato, invece. Le forze politiche hanno concordato l’invio di aiuti e armi made in Italy al popolo colpito dalla violenza russa. Salvo poi qualche ripensamento che ha di fatto scatenato i pruriti dei tanti osservatori che hanno ipotizzato scenari politici, possibili alleanze e convergenze spesso inverosimili. Un vero e proprio psicodramma, tanto che perfino la Rai si è vista costretta, dopo numerose sollecitazioni dai piani alti della politica nostrana e non solo, a rivedere alcuni palinsesti televisivi per rimettere “ordine” nelle scuderie delle reti pubbliche.

Troppa democrazia, meglio indirizzare le voci dei vari opinionisti verso un’unica direzione, per preservare gli equilibri europei ed internazionali. Il dissenso nei confronti di una strategia di violenza non è ammesso, è intollerabile, poiché potrebbe disturbare il “manovratore”. Si finirebbe con l’essere apostrofati come filo-russi.

Guai, dunque, a parlare di pace. Il termine è proibito, se non per dire che si potrà raggiungere un cessate il fuoco solo attraverso la guerra, dopo aver raggiunto una riflessione e un disgelo con trattative mai realmente avviate con piena convinzione. Le conseguenze di una tale libertà di pensiero l’Italia non può permettersele a livello europeo. Per non perdere credibilità con i partner dell’Ue e con gli Usa il Bel Paese ha davvero un bel da fare nel rimanere in equilibrio. Dunque pace uguale a ribellione. Ed è vero, anche se paradossale.

Per mantenere alto il concetto di non violenza è necessaria maggiore competenza, pazienza e capacità di mediazione. L’uso delle armi, invece, appaga istantaneamente ogni nostro stato d’animo bellicoso e vendicativo. Dà maggiore soddisfazione, ci illude che non ci sia alternativa. Questo ragionamento poteva funzionare solo in un primo tempo, per permettere una legittima difesa all’Ucraina nei confronti dell’invasore russo. A quasi tre mesi dall’inizio delle ostilità perseverare in tale direzione, soddisfacendo gli istinti più animosi, non aiuterà a far tacere i cannoni.

È chiaro a tutti che non si può trattare con le pistole in pugno e nemmeno mostrarsi indifferenti al conflitto. Altrettanto evidente è che se tutti gli stati europei non mostrano il proprio impegno nel tentativo di disarmo bilaterale, non si andrà da nessuna parte. Non è compito facile ma urge mettere sul tavolo di Putin e Zelensky il fatto che la guerra non potrà proseguire all’infinito. È inutile definirci democratici se in Italia, a causa del linciaggio mediatico e delle politiche del servizio pubblico televisivo, non è possibile manifestare la propria contrarietà all’uso di bombe e mortai.

Stefania Craxi, da poco eletta presidente della Commissione Esteri del Senato

La maggioranza dei cittadini invoca la pace ed ha paura di una guerra che vede il Bel Paese comunque protagonista. E non solo per le conseguenze economiche e sociali che ne derivano. In questo senso nulla da fare. Draghi tira dritto per la sua strada:

“…Il nostro Paese, pur essendo in prima fila per la pace, continuerà a inviare armamenti a Kiev in collaborazione con Usa e Ue, oltre che a sostenere l’Ucraina nel respingere l’invasione. L’Italia – aggiunge il Premier – sostiene con convinzione il sesto pacchetto di sanzioni che l’Ue studia contro Mosca e continua il dialogo con la Russia, nonostante l’espulsione di 24 diplomatici italiani…”.

Insomma il primo ministro a Palazzo Madama fa il funambolo per tenere insieme la sua eterogenea maggioranza, usando lo slogan “pace, armi e sanzioni” per accontentare tutti, in altri consessi cambia idea. Intanto Stefania Craxi , in quota a FI, è la nuova presidente della commissione Esteri di Palazzo Madama, al posto di Vito Petroncelli, ex M5s, sollevato dall’incarico per i suoi provocatori auguri di “buona liberaZione”. Come volevasi dimostrare.

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