Troppa carne accorcia la vita e minaccia il Pianeta

Meno allevamenti e più agricoltura biologica: questo è il segreto per parlare di futuro all’umanità. Tutto ciò che è carne animale – dicono gli scienziati – riproduzione intensiva degli animali da macello, foraggio chimico e diete prevalentemente a base di bistecche non promettono nulla di buono e rappresentano un pericolo per la salute.

Roma – La storia dell’umanità ci racconta che l’uomo è nato come animale onnivoro, solo dopo è diventato carnivoro, rimanendo tale per milioni di anni. Oggi sappiamo che il consumo di alimenti di origine animale è stato fondamentale per l’evoluzione encefalica degli ominidi, oggi dei bambini.

Durante la seconda guerra mondiale e nel primo dopoguerra avere una bistecca in tavola per molte famiglie era quasi un miraggio. Oggi è tra gli alimenti più consumati al mondo ma uno studio ha dimostrato come una sua minore produzione darebbe benefici all’ambiente e alla terra.

Infatti, secondo la rivista Plos Climate (Public library of science, un progetto editoriale per pubblicazione scientifiche con revisione paritaria), la sospensione degli allevamenti di animali avrebbe degli effetti benefici su tutto il Pianeta.

I ricercatori delle Università di Stanford e di Berkley, California USA, hanno studiato a fondo l’impatto sul Pianeta di una minore o nulla produzione di carne. Attraverso modelli climatici, sono stati stimati gli effetti delle emissioni legate agli allevamenti di bestiame.

Ad esempio un’interruzione di quest’attività significherebbe un decremento delle emissioni di metano e di protossido di azoto. Inoltre ridurre la produzione di carne potrebbe riconvertire gli 800 miliardi di tonnellate di anidride carbonica in boschi e foreste.

Secondo gli autori dello studio grazie ad un modello di questo tipo, le emissioni di anidride carbonica dovrebbero ridursi ogni anno del 68%. E siccome gli USA sono la patria del business hanno immediatamente drizzato le orecchie le aziende americane di prodotti alternativi alla carne, come soja e vegetali.

I più ottimisti sono del parere che anidride carbonica, metano e protossido di azoto potrebbero essere annullati del tutto, qualora si decidesse di eliminare gli allevamenti di bestiame.

E’ senz’altro vero che il consumatore, soprattutto nell’ultimo decennio, ha preso coscienza di questo fenomeno e dei danni che provoca sia alla salute individuale che all’ambiente in generale. Sono aumentate, quindi, le richieste di prodotti alimentari vegetali o alternativi alla carne.

Tuttavia poiché il modo di produzione è sempre lo stesso, ovvero quello capitalistico che negli ultimi tempi è diventato sempre più intensivo e rapido, fermo restando il profitto, si corre il rischio di trasferire gli stessi meccanismi di prima alla mutata realtà.

Se cambiamento dev’essere questo dovrà essere radicale e partire da un concetto di economia più slow, più attenta alle relazioni tra le persone e le comunità in cui vivono e di mirare oltre al Pil (Prodotto interno lordo) anche al Bil (Benessere interno lordo). Come è altrettanto vero che non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, come si dice in questi casi. Nel senso che non tutti gli allevamenti, anche quelli ad alta produzione di bestiame, sono da considerare in modo negativo.

Le maggiori responsabilità sono delle aziende in cui la vita degli animali non è naturale, quando c’è costrizione in ambienti angusti, ristretti e insufficienti alle necessità di base, come il mancato rispetto dell’igiene. Tant’è vero che altrettanto dannoso è l’inquinamento provocato dai liquami del bestiame, ricchi di azoto e fosforo, che produce affetti nocivi all’ambiente. Urge un cambio di rotta, altrimenti futuro diventa una parola grossa.     

                                      

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