C’era proprio bisogno di rifare la sala stampa di Palazzo Chigi? Il restyling è costato un bel po’ di soldi pubblici che, in questo momento, si potevano risparmiare attese le condizioni economiche degli italiani. Uno scivolone di Draghi? In un certo senso si. E poi ci lamentavamo di Berlusconi e delle sue manie di grandezza con capitelli e colonne. Quanto è costato buttarli giù e ristrutturare il salone?
Roma – Il Bel Paese langue da Nord a Sud ma a Palazzo Chigi fervono i lavori in corso e si apre un nuovo cantiere. E siccome possiamo permetterci di spendere soldi per niente qualcuno ha pensato bene di rifare il look alla sala stampa. In nome della sobrietà, naturalmente. Insomma a Mario Draghi non stava bene quella stanza dove accogliere i giornalisti realizzata con lo stile tanto caro a Silvio Berlusconi. E mentre non sono noti i costi del restyling, via colonne monolitiche e orpelli inutili. Ma c’era proprio bisogno di un nuovo ambiente rifatto di sana pianta?
L’opera di riammodernamento non è dovuta solo a esigenze, per così dire, stilistiche, ma soprattutto servirà per l’adeguamento alle vigenti norme antincendio ed a quelle in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro imposte dall’emergenza pandemica. Almeno cosi dicono dai piani alti.
L’obiettivo è quello di semplificare e rendere funzionale al massimo lo spazio dedicato alle conferenze stampa del Presidente del Consiglio e ai giornalisti accreditati. Grande attenzione verrà riservata alla praticità e all’hi-tech. Spazio anche all’integrazione, infatti i lavori permetteranno anche di abbattere le barriere architettoniche per le persone disabili.
Tanti i problemi italiani che attendono soluzione e che dovrebbero avere precedenza, ma il buon senso non sempre è di casa nei Palazzi della politica. Il progetto in effetti parte da un’idea che è iniziata a circolare durante i due governi di Giuseppe Conte, a cominciare dai bagni ormai fatiscenti e poco presentabili per le delegazioni dei vari Capi di Stato e di Governo ospiti del Premier. Non ci saranno più rubinetti con fotocellula nei bagni né marmi pregiati, che saranno sostituiti con sobrie pareti bianche.
Comunque verrà cambiato per prima cosa proprio il fondale azzurro, quello per intenderci alle spalle del Presidente del Consiglio durante le conferenze stampa, che sarà sostituito da uno schermo, a tutta parete, da utilizzare a seconda delle esigenze, per mostrare il logo della presidenza del Consiglio o, magari, per presentare slide, dati e report.
L’arredamento cambierà aspetto, a quanto pare anche con un tavolo in plexiglass da cambiare, all’occorrenza, con podi per dichiarazioni in piedi o per incontri “bilaterali”. Mentre ci siamo verrà cambiato anche il vecchio pavimento.
Sembra di vivere in un’atmosfera surreale dove tutto, magari per giustificare i costi, tende ad essere esagerato mentre dovrebbe trattarsi di ordinaria manutenzione. Senza spendere decine di migliaia di euro, se bastano.
Quella stessa ordinarietà, però, che tante famiglie non possono permettersi. Bagni, arredi, estetica, funzionalità per locali dove si tengono le conferenze stampa diventano cosi occasione di sperpero di denaro pubblico.
Tutelare la dignità di un luogo, utilizzato per incontri al vertice o con giornalisti e foto-video-operatori, è cosa opportuna ed utile ma cogliere l’occasione al volo per smantellare anche ciò che andava bene e che era costato un sacco di soldi appare davvero paradossale.
Non si comprende, infatti, il motivo per cui Draghi abbia autorizzato, con tanto di designer, anche l’aspetto estetico di un salone che, in ogni caso, era già costato abbastanza e non appariva così diroccato o pericolante.
Insomma tanto paga “Pantalone”. Ma non è questo il solo problema e ripetiamo: che bisogno c’era di demolire la sala stampa riattata da Berlusconi e modificata in parte da Monti? Scelte personali e gusti non si discutono ma i lavori edili non erano certo una priorità. Con tutto quello che succede in Italia.
Togliere, per esempio, colonne, capitelli corinzi e marmi pregiati di un certo valore sembra un’assurdità e, in ogni caso, uno sperpero di risorse economiche incomprensibile.
Ma si sa c’è chi può e chi no. Draghi può. In nome della sobrietà hanno smantellato una stanza non certo per adeguarla alle sole normative di sicurezza. Piuttosto è sembrata un’americanata di cattivo gusto per lasciare un proprio segno distintivo a chi verrà dopo. I contribuenti ringraziano.