Per un Conte ter occorrono numeri. Meglio quelli di Italia Viva che di Forza Italia. Se Renzi non tornerà in pista sarà difficile ristabilire un governo che possa camminare senza stampelle.
Roma – La crisi è stata formalizzata in Consiglio dei ministri da parte di Conte che ha comunicato l’intenzione di dimettersi. Poi è stata la volta del Colle dove alle 12 in punto il premier ha rimesso il mandato nelle mani di Sergio Mattarella.
E’ iniziata dunque la consueta procedura. Subito dopo il presidente del Consiglio ha incontrato i presidenti di Senato e Camera per comunicare la propria decisione. Così, nella sostanza, il “pallino” passa di mano e da Palazzo Chigi finisce al Quirinale.
Con le dimissioni e fino al giuramento di un nuovo esecutivo nelle mani del Capo dello Stato, il governo uscente rimane in carica per lo svolgimento degli affari correnti. Tra questi rientra l’eventuale emanazione di decreti legge in casi di necessità ed urgenza.
Le consultazioni secondo le intenzioni del Quirinale dovrebbero durare pochi giorni, a partire da oggi pomeriggio. I colloqui servono a Mattarella per “ascoltare la voce del Parlamento”, constatare la situazione e, di conseguenza, assumere decisioni sulla nomina di un nuovo presidente del Consiglio o, eventualmente, sul conferimento di un altro mandato esplorativo.
Il primo ad essere ricevuto o sentito telefonicamente, come la volta precedente, sarà Giorgio Napolitano. Poi verranno ricevuti tutti i gruppi ma ci sono due elementi che condizionano e regolano i tempi: il primo è la sanificazione per esigenze anti-Covid ed il secondo è la formazione con la quale decideranno di essere ascoltati i partiti.
Vedremo se il centro-destra andrà insieme o si presenterà in gruppi distinti. Un segnale che potrebbe fare presagire diversi scenari.
Nel frattempo dovranno anche maturare le posizioni politiche perché le “condizioni” che Mattarella ha ripetuto a Conte sono quelle note: a fronte dello strappo di Renzi e di numeri risicatissimi al Senato, al punto di dimettersi per non affrontare la conta sulla giustizia, ci sarà bisogno di un fatto nuovo – politico o parlamentare – che attesti l’esistenza di una maggioranza chiara a favore di un reincarico a Conte.
Insomma sul premier dimissionario dovrà compattarsi una nuova coalizione, oppure si cercheranno altre strade.
Sotto il profilo pratico le dimissioni avranno come prima conseguenza il fatto che non ci saranno più le comunicazioni del ministro Bonafede sulla giustizia ma, così come aveva fatto Mario Monti, dovrebbe essere consegnata ugualmente in Parlamento una relazione su cui, però, non ci sarà alcun voto.
In buona sostanza si elimina il passaggio che ha provocato la scelta di Conte di lasciare Palazzo Chigi. Se non si dovessero trovare i numeri necessari o buona disponibilità in favore di un Conte ter, allora si configureranno nuovi scenari con maggioranze diverse e altro premier, fino all’ipotesi remota delle elezioni anticipate.
Berlusconi ha già fatto sapere che darà il proprio contributo solo in caso di un governo di solidarietà nazionale. Nei fatti solo Salvini e Meloni spingono per il voto, anche se vi sono alcune componenti del Pd e dei 5 Stelle che fanno finta di essere tentati dalle urne ma che vogliono solo rimanere incollati alla poltrona.
Ancora tatticismi privi di senso in quanto proprio le elezioni anticipate potrebbero cementare, ancor di più, l’alleanza del centro-destra, favorita da tutti i sondaggi. Il Conte bis è arrivato al capolinea in ogni caso e la fase più rischiosa della crisi è davanti agli occhi di tutti. Il premier tenterà di fare il “tris”, cercando di non dipendere dal “sì” di Matteo Renzi. Ma sarà quasi impossibile rinunciarvi.
Come già anticipato, su queste colonne, erano stati proprio i centristi, attraverso Bruno Tabacci e Paola Binetti, a chiedere al premier garanzie e discontinuità, come precondizione, per permettere ai “costruttori” di palesarsi.
Le indiscrezioni affermano che ci sarebbero una cinquina di senatori azzurri disponibili a entrare nel nuovo gruppo parlamentare che dovrebbe diventare la base della “quarta gamba”.
L’urgenza di Conte, d’altra parte, verificati i numeri esigui, non è più quella di chiudere del tutto la porta a Renzi, infatti dal presidente Sergio Mattarella è arrivata la richiesta di disegnare una maggioranza solida, a partire da quella del Conte bis e di chiara impronta europeista. Il premier non potrà certo sottrarsi al confronto, se vuole raggiungere l’obiettivo di rimanere ancorato a Palazzo Chigi.
Peraltro è la stessa posizione del Pd, che in un incontro con tutti i suoi ministri e il segretario, hanno confermato di “tifare” per Conte ma con un nuovo governo chiaramente aperto all’Europa. Con una nuova strategia che, da Largo del Nazareno, i democratici tengono a sottolineare: un necessario coinvolgimento di Iv nel nuovo esecutivo, in cui però Renzi non sia più l’ago della bilancia.
In sostanza secondo il Pd non si deve più parlare di un Conte ter ma di un governo di “salvezza nazionale”.
Oggi si riunirà anche l’assemblea dei Dem per stabilire la linea ufficiale del partito. Sull’attualità politica il cardinale Gualtiero Bassetti ha esortato a non perdere la lucidità e ricordare le parole pronunciate dal presidente Mattarella, nel messaggio di fine anno, che rappresentano un forte stimolo per tutti: “
“…Non viviamo in una parentesi della storia. Questo è tempo di costruttori – ha aggiunto il capo dello Stato – questo è anche tempo di speranza…Ci attendono mesi difficili in cui ricostruire le nostre comunità…”.
Il presidente della Conferenza episcopale ha detto inoltre che si deve “puntare a uscire dall’emergenza sanitaria e pensare ad una nuova stagione che non lasci indietro nessuno”. La situazione rimane fluida ma se Renzi non farà l’ago della bilancia nel nuovo governo, ci penserà il suo partito a farlo col pugno forte. Inevitabilmente. Oppure le urne. Fate vobis.
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