Raccontare la realtà come fatto, cronaca, mettendo in fila gli accadimenti. Ecco che cos’è il giornalismo o almeno questo è il motivo per cui è venuto al mondo. Il resto è compromesso, se non peggio.
Roma – E’ proprio il caso di dirlo “meno male che il Papa c’è” per parafrasare il refrain “meno male che Silvio c’è”, tanto caro all’ex presidente del consiglio Berlusconi che essendo provvisto di un io smisurato, oltre che Papa si sentiva anche re.
In realtà il motivetto è molto pertinente se riferito al discorso di Papa Francesco consegnato ad una delegazione, in occasione del centenario della Catholic New Service (CNS), l’agenzia di stampa della Conferenza Episcopale statunitense. Fondata nel 1920 è la principale fonte di notizie nazionali e globali della stampa cattolica americana. Dal punto di vista editoriale è indipendente ed è una divisione finanziariamente autosufficiente.
Ecco in sintesi ciò che ha detto il Papa: “…E’ importante che i media distinguano il bene dal male; che facciano maturare giudizi improntati su una presentazione chiara e imparziale dei fatti; che riconoscano l’importanza di lavorare per la giustizia, la concordia sociale ed il rispetto della nostra casa comune. In un’epoca in cui le notizie possono essere manipolate e la disinformazione diffusa, soprattutto con la pandemia in corso, voi dovete cercare sempre di far conoscere la verità in un modo fedele al motto: giusto, fedele, informato…”.
Ancora una volta il Santo Padre si è rivelato l’unica voce veramente fuori dal coro e di notevole spessore culturale. L’unica voce nel desolante deserto intellettuale, in cui vagano tanti pseudo nostri maîtres à penser. Basta scorrere i loro arguti editoriali per rendersi conto che li usano come “un ubriaco il lampione: non per l’illuminazione, ma per il sostegno”, per ricordare una celebre frase di Mark Twain.
Raccontare la realtà come fatto, cronaca, mettendo in fila gli accadimenti. Ecco cos’è il giornalismo o almeno questo è il motivo per cui è venuto al mondo. Fare questo, sin dalle origini, ha costituito per chi detiene il potere una sorta di fastidio, da eliminare o, quanto meno, neutralizzare per renderlo inoffensivo. Sarà la sua genesi, sarà perché è strutturalmente così ma il Potere da quando è nato l’uomo ha preferito raccontare o fare raccontare le sue gesta in maniera sempre edulcorata.
Forse per timore o consapevolezza che i fatti non vanno raccontati per come essi si manifestano, altrimenti la popolazione potrebbe porre delle domande. Quest’ultime hanno sempre infastidito il Potere, perché esso preferisce essere accettato senza tanti fronzoli. Da qui il racconto della cronaca è diventato ben altro dai fatti nudi e crudi. Quindi più sdolcinato, più accomodante e accomodato.
C’è da dire che la gran parte degli operatori dell’informazione hanno sempre opposto poca resistenza. Si è sempre offerta senza indugi alle grinfie e alle fauci dei “padroni del vapore“, facendosi blandire e sedurre da laute prebende. Nato come cane da guardia del Potere è invece tenuto al guinzaglio da chi doveva da esso essere controllato, tramutandosi in cane da riporto!
“Tengo famiglia!”. Quante volte, in tutti gli ambienti professionali e non, abbiamo sentito questa frase banale, quasi stupida, incolore. E che, invece, rappresenta un tratto caratteristico di una mentalità diffusa, di un certo modo di vivere. Quasi a giustificare che certi atteggiamenti, comportamenti non proprio cristallini, debbano essere giustificati dal “tengo famiglia”.
Ora quando cazzo mangia ‘sta famiglia! Ed è così che la realtà viene manomessa, manipolata, ricucinata per essere adulterata, riveduta e corretta, consegnata su un piatto d’argento al popolo ignaro e ignavo, per convincerlo, senza sforzarsi troppo che “tutto va bene Madame la Marchesa”.
Un tale atteggiamento può essere spiegato col fatto che il Potere è forse consapevole che per sua natura non è in grado di gestirsi senza la complicità di cortigiani, lautamente mantenuti, che lo esaltino, enfatizzandone gli atti. Ma questo è più un lavoro da maggiordomo che da operatore dell’informazione. Quest’ultimi dovrebbero limitarsi a svolgere la funzione per cui è sorto il giornalismo. Ovvero, il racconto dei fatti nel loro ferreo processo di manifestazione. Modalità, quest’ultima che si avvicina di molto alla verità. Si intende qui quella della cronaca.
Per quella filosofica e/o metafisica lasciamo volentieri il campo a chi ne è competente per studi e professioni: filosofi, esperti di morale, teologi, epistemologi e simili. Noi, più prosaicamente, ci limitiamo, almeno questo è il nostro intento, a cercare di raccontare la cronaca. E se la rispettassimo per come essa si manifesta, avremmo già raggiunto il nostro scopo e rispettato la nostra “mission“.
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