Renzi è il vero spauracchio della maggioranza risicata. Se Conte rassegnasse le sue dimissioni a Mattarella potrebbe avverarsi la formazione di un nuovo governo con esponenti di Italia Viva.
Roma – Rimangono solo le alchimie per dare consistenza numerica ad un governo instabile. Cercano di fare slittare in Parlamento il “confronto pericoloso” sulla relazione del ministro Alfonso Bonafede. Il momento della verità era atteso per mercoledì con la relazione sullo stato di salute del comparto Giustizia che il “Guardasigilli” è obbligato a tenere alla Camera e subito dopo al Senato.
E’ a Palazzo Madama, infatti, che si evidenziano i problemi numerici, fino ad oggi ancora rinviati. All’ultimo voto di fiducia la maggioranza è stata confermata con 156 voti, in pratica 5 in meno della maggioranza assoluta, ma con l’astensione di Italia Viva che ha già fatto sapere di votare contro la relazione del ministro.
Alla base dello slittamento ci sarebbero, stando a quanto riferiscono fonti parlamentari, “improrogabili” impegni istituzionali, guarda caso, del titolare del dicastero di via Arenula, ma bisognerà attendere la riunione dei capigruppo di Palazzo Madama, prevista per martedì, per sapere con certezza quale sarà il calendario dei lavori.
Intanto proseguono le grandi manovre di palazzo nella ricerca degli “operosi responsabili” tra distinguo, perplessità e difficoltà di ogni genere. Ma se non si esce dalla situazione di “stallo” diventerà sempre più reale non tanto l’ipotesi di elezioni anticipate, sventolate solo per fare paura, quanto la possibilità di un nuovo governo aperto a tutti i moderati.
In primis con l’incarico ad un nuovo presidente del Consiglio diverso da Conte, che potrebbe rientrare da un’altra porta. Anche se tutti affermano che andare al voto rimane l’unica credibile possibilità, nessuno ci crede per il semplice motivo che oltre il 40% dei parlamentari sa che non potrà trovare spazio, in Parlamento, a causa della nuova legge elettorale.
Insomma le urne non convengono a nessuno. E la prova ce la mette sotto il naso il Pd quando afferma per bocca di Goffredo Bettini che il voto è l’unica alternativa a un nuovo governo Conte. Ma nello stesso istante cerca di spaccare il centro-destra, tendendo la mano a quelle “forze europeiste, moderate e liberali che mal sopportano di stare sotto il tacco di Matteo Salvini e della destra populista e sovranista”.
In caso contrario, spiega ancora Bettini, “il voto sarebbe una sciagura, ma non certo un golpe”. Il canto delle “sirene”, melodicamente ritmato da Bettini, è chiaro ed ammaliante: ampliare la maggioranza, possibilmente confermando Conte, per non irritare troppo i grillini, ancora forti in Parlamento.
Il tentativo di blindare Conte è comprensibile ma Forza Italia non abbocca al tranello dei Dem, per il semplice motivo che se qualche spiraglio di collaborazione potrà essere raggiunto sul piatto saranno indispensabili le dimissioni del premier.
Dal quel momento in poi sarebbe Mattarella a “dare le carte” ed, eventualmente, legittimare una nuova coalizione istituzionale. Peraltro anche il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ribadisce la necessità di mettere in campo un progetto “politico, chiaro e trasparente” che possa fare da collante per una nuova maggioranza.
Una necessità più volte sottolineata dal Pd il quale, sempre attraverso Bettini, alias Zingaretti, anticipa i tentativi di trasformismo in itinere: “Non ci rimane altro che cercare di costruire un gruppo politico in Parlamento, al Senato e alla Camera, che non sia solo il recipiente di idee per mettere insieme transfughi, ma una cosa che politicamente esiste”. Contenti loro.
Insomma tutto è possibile tranne valutare, per allargare la maggioranza, l’opzione Renzi, reo di avere fatto fare una figura “barbina” agli alleati sul merito di certe questioni ritenute da tutti valide ed importanti. La vera paura della sinistra e del M5S riguarda Conte: se si dovesse dimettere e una volta avviate le consultazioni con Mattarella, potrebbe anche avverarsi la formazione di un nuovo governo con esponenti di Italia Viva. Mica bruscolini, come si dice. .
Ecco svelato il motivo per il quale si preferisce concentrare in un unico “contenitore” tanti opportunisti pronti a salire alla ribalta, anche con una promozione in Consiglio dei Ministri. Fin che la barca va.
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