L'esordio non è dei migliori con la Banca d'Italia che ripropone l'Imu sulla prima casa ed il ministro Speranza che chiude le piste da sci da un giorno all'altro.
Roma – Crisi economica e pandemica in netto rialzo. Qualsiasi agevolazione che consente un risparmio è da considerare una boccata d’ossigeno per cittadini e imprese. Purché si abbia certezza di riceverla. Infatti incominciamo bene: la Banca d’Italia suggerisce di introdurre l’Imu sulla prima abitazione.
Brutto inizio dunque per il nuovo governo. Ma è mai possibile che chiunque arrivi dietro al timone, direttamente o meno, debba mettere le mani in tasca agli italiani? Ogni governo che arriva batte di cassa. Ma nessuno si accorge come siamo messi?
L’attesa è tutta per il discorso programmatico di Draghi previsto per metà settimana. Il premier dovrà spiegare a Camera e Senato come intende realizzare la tanto attesa riforma fiscale. Non solo, dovrà poi gestire la delicata questione delle decine di milioni di cartelle esattoriali che aspettano fine mese per la spedizione.
Attualmente si può ancora sfruttare il credito di imposta sui canoni di locazione degli immobili ad uso non abitativo e affitto d’azienda istituito dall’art 28 del DL Rilancio, a condizione che l’impresa svolga come attività secondaria quella di commercio al dettaglio.
Infatti con ricavi superiori a 5 milioni di euro la ditta ha diritto al credito d’imposta nella misura del 20% o 10% del canone di locazione corrisposto, per i mesi di marzo, aprile, maggio e giugno del 2020, nei locali dove si è svolta l’attività prevalente e laddove si è svolta l’attività secondaria, sempre di commercio al dettaglio.
Non spetta, invece, per i locali dove si svolgono attività diverse dal commercio. Se per esempio, chiarisce l’Agenzia delle Entrate, una società esercita un’attività commerciale ed ha in locazione una serie di immobili i rispettivi canoni, se per i mesi di marzo, aprile e maggio 2020 sono stati già interamente pagati, può usufruire del credito d’imposta.
Sempre a condizione che le due attività commerciali siano identificate con due differenti codici ATECO. Cioè tenuto conto del fine agevolativo dell’articolo 28 del Decreto Rilancio che prevede di “contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” anche nel settore del “commercio al dettaglio”.
L’impresa può beneficiare del credito d’imposta di cui al comma 3-bis allorché, come deve risultare dai dati di bilancio, siano derivati ricavi superiori a 5 milioni di euro, nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del citato Decreto Rilancio (periodo d’imposta 2019).
Ricordiamo che il credito d’imposta di cui si tratta, a seguito dei vari provvedimenti emergenziali susseguitisi nel tempo, ha avuto diverse evoluzioni.
Infatti l’art.28 del DL 34/2020 riconosce un credito d’imposta sui canoni di locazione di immobili ad uso non abitativo, anche ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, ma con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente, a condizione che abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nei singoli mesi di spettanza del credito, di almeno il 50% rispetto allo stesso mese del periodo d’imposta precedente.
Il credito, pertanto, spetta in misura del 60% dell’ammontare mensile del canone per i contratti di locazione, di leasing o di concessione di immobili ad uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico o all’esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo.
Invece la misura è del 30%, per i canoni relativi a contratti di servizi a prestazioni complesse o di affitto d’azienda, comprensivi di almeno un immobile a uso non abitativo destinato alle stesse attività suddette. Inoltre la Legge di Bilancio 2021 ha introdotto un incentivo per gli investimenti in beni strumentali nuovi, che consiste in un credito di imposta il cui importo è commisurato al costo dei beni acquistati.
Si tratta di un credito di imposta utilizzabile, in alcuni casi, immediatamente, invece del precedente beneficio derivante dall’acquisto dei beni che si traduceva prima nell’imputazione di un maggior costo e, poi, nel conseguente vantaggio fiscale, quindi in maniera differita.
Il credito d’imposta spetta, dunque, a tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato indipendentemente dalla loro forma giuridica e dal settore economico di appartenenza. Aziende che effettuano investimenti, in beni strumentali nuovi, fino al 31 dicembre 2022, ovvero fino al 30 giugno 2023, a condizione che entro il 31 dicembre 2022 l’ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti per almeno il 20% del costo.
Anche gli esercenti arti e professioni sono ammessi al credito alle stesse condizioni e negli stessi limiti previsti per le imprese, ma solo per gli investimenti in beni strumentali “ordinari”.
Le principali tipologie di investimenti esclusi dal bonus sono i veicoli e altri mezzi di trasporto, anche se utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’impresa e usati in maniera promiscua; i fabbricati e le costruzioni, nonché i beni per i quali è previsto un coefficiente di ammortamento inferiore al 6,5%.
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