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ROMA – TANTO TUONO’ CHE PIOVVE: SIAMO ALLE SOLITE, ARIECCOLI

A parte i nomi di alcuni tecnici, davvero di elevato ed indiscusso profilo, per il resto la squadra di governo puzza di vecchio. Dopo tanto mistero e frenetica attesa gli italiani si aspettavano da Draghi un governo diverso.

Roma – Dopo tante giornate convulse ad ascoltare partiti e parti sociali, è arrivato il momento di dare spazio alla squadra di governo. Alle 12 di oggi giureranno davanti al Capo dello Stato i 23 nuovi ministri. 

Molte le novità ma non mancano le sorprese per certi nomi che credevamo appartenessero ad un passato morto e sepolto ma tant’è. Ari-eccoli i plenipotenziari di Mario Draghi:

Federico D’Incà (M5S) ai Rapporti con il Parlamento, Vittorio Colao (tecnico) all’Innovazione tecnologica, Renato Brunetta (Forza Italia) Pubblica amministrazione, Maria Stella Gelmini (Forza Italia) agli Affari regionali, Mara Carfagna (Forza Italia) al Sud, Elena Bonetti (Italia Viva) alle Pari opportunità, Erika Stefani (Lega) alle Disabilità, Fabiana Dadone (M5S) alle Politiche giovanili, Massimo Graravaglia (Lega) al Turismo, Luigi Di Maio (M5S) agli Esteri, Luciana Lamorgese (tecnica) all’Interno, Marta Cartabia (tecnica) alla Giustizia, Daniele Franco (tecnico) all’Economia, Lorenzo Guerini (Pd) alla Difesa, Giancarlo Giorgetti (Lega) allo Sviluppo economico, Stefano Putuanelli (M5S) all’Agricoltura, Roberto Cingolani (tecnico) alla Transizione ecologica, Enrico Giovannini (tecnico) alle Infrastrutture, Andrea Orlando (Pd) al Lavoro, Patrizio Bianchi (tecnico) all’Istruzione, Cristina Messa (tecnico) all’Università, Dario Franceschini (Pd) alla Cultura, Roberto Speranza (Leu) alla Salute e Sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli (tecnico).

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Dio salvi l’Italia, viene da dire se le eccellenze nostrane tanto attese sono quelle elencate in alto. Sapevamo che Draghi non poteva-doveva scontentare nessuno ma in questo caso ha davvero accontentato tutti. Troppi. E per fare questi nomi c’era bisogno di tanto mistero?

Draghi ha ascoltato tutte le parti in causa il tempo necessario per comprendere necessità ed esigenze, senza troppe lungaggini. Quasi alla spicciolata. Tanto per fare un bel do ut des occorrono pochi minuti. Insomma l’esatto contrario delle riunioni infinite, molto in voga durante i precedenti governi che le giustificavano come “propensione al dialogo”.

Dagli industriali è arrivato “un sostegno convinto” al premier incaricato, che giovedì ha incontrato prima Anci e Regioni, poi l’Associazione banche italiane e, in seguito, Confindustria e sindacati. A chiudere gli incontri della giornata sono state le associazioni ambientaliste.

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Il WWF aveva ribadito la volontà di Draghi nel creare un ministero della Transizione ecologica, un dicastero per la cui istituzione si è molto speso Beppe Grillo, a cui si deve la proposta. Entrambi sono stati accontentati con Roberto Cingolani. Anche i sindacati, soddisfatti di essere stati ascoltati, concordano con la linea di Draghi. Anche loro sono stati serviti e riveriti, in un certo senso.

Nessuna polemica, tutto semplice e liscio come non mai, con il pieno sostegno delle parti sociali. Una volta finite le cerimonie è giunto il momento di uscire allo scoperto per riaccendere la speranza degli italiani che con l’aria che tira non si sentono affatto al sicuro.

L’atmosfera è stata quella delle grandi attese ma nel contempo surreale. Mario Draghi ha dato un colpo al cerchio ed uno alla botte ben sapendo che sarebbe stato pericoloso scontentare i partiti con una squadra di soli tecnici che, in verità, nessuno si aspettava. Cosi è stato.

Mara Carfagna, già ministro delle Pari Opportunità: non ricordiamo nulla in particolare

Il premier incaricato, invece, pare non abbia lesinato il confronto con il Quirinale, anche se dal Colle negano che ci sia stato un colloquio seppur informale prima dell’appuntamento di ieri sera alle 19. Draghi, invece, avrebbe sondato i possibili candidati nei vari dicasteri “consultandosi” con il Capo dello Stato con il quale avrebbe fatto alcune revisioni per poi sciogliere la riserva.  

I ministri sono in tutto 23, di cui 15 politici e 8 tecnici. Le riconferme negli stessi ministeri sono state 7. Stefano Patuanelli rimane ministro ma dallo Sviluppo economico passa all’Agricoltura e Fabiana Dadone che dalla Pubblica amministrazione passa alle Politiche giovanili. Otto, in tutto, le donne, quota rosa dunque al di sotto del 50%. L’età media è 54 anni. Tornano alla ribalta Brunetta, Gelmini, Carfagna, Orlando, Speranza e Di Maio che in molti si auguravano di non vedere mai più.

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La fiducia delle Camere non potrà che arrivare a metà della prossima settimana, tra mercoledì e giovedì. Nel frattempo Draghi metterà a punto il programma del suo esecutivo, quel programma sul quale chiederà la fiducia in Parlamento.

Molti aspetti della sua agenda programmatica sono venuti allo scoperto dalla voce degli interlocutori politici che ha ricevuto durante le consultazioni, che vanno dall’attenzione all’ambiente, alla velocizzazione della campagna vaccinale, dalla valorizzazione della scuola, all’impegno per la coesione sociale. Ma il suo discorso in Parlamento sarà il primo vero manifesto del pensiero Draghi, nella nuova veste di guida del governo italiano. 

 

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