La citazione di Abramo Lincoln con la quale esordì nel suo discorso a Clinton nel 1858 sembra fatta apposta per i pentastellati che hanno cambiato faccia infinite volte smentendo sé stessi e il Movimento.
Roma – Alla luce degli ultimi accadimenti politici possiamo dire che il Movimento 5 Stelle è finito dritto dritto nella scatoletta di tonno che avrebbe dovuto aprire anni fa. Ricordate la frase “apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno”?.
In poco più di due anni, questi signori sono riusciti a rinnegare tutto quello che avevano spacciato come propri ideali. Un autentico record, persino per la politica italiana. Ebbene ricapitolando: in principio era esclusa a priori ogni tipo di alleanza, sia essa con destra, sinistra o altro.
Tutti uguali, tutti corrotti, tutti inaffidabili, nella visione pentastellata. Quando però si arriva a conquistare la poltrona e si spalancano le porte di Camera e Senato, con stipendi da favola e benefici annessi, tutto cambia e lo abbiamo visto.
Tra capriole e scuse improbabili, li abbiamo visti governare con la Lega. All’epoca l’importante era che non ci fossero Forza Italia e Berlusconi, perché uno dei tanti slogan grillini era “mai con gli indagati”.
Successivamente accantonarono il tanto ripetuto “mai col Pd” giustificandosi con la frase “adesso è un altro momento”, restando incollati sui propri scranni mentre una parte dell’elettorato cominciava a porsi qualche domanda.
Il partito che prometteva cambiamenti epocali mai visti – infatti non si sono proprio visti – evocando un modello isolazionista che mai sarebbe sceso a compromessi con qualsivoglia esponente politico – si sa, ogni partito ha al suo interno episodi di corruzione più o meno vergognosi, mentre il Movimento si è sempre vantato di avere una fedina penale immacolata – evocando uno stile di governo che difficilmente si è visto in Italia nel ‘900, si è dovuto poi ridimensionare. Inevitabile, certo. Purtroppo ciò che potrebbe sembrare in apparenza una presa di coscienza sul funzionamento politico del Paese, altro non è che un malcelato trasformismo, che ha unicamente portato alla disgregazione del partito originale.
C’era gente – tanta – che aveva creduto davvero alla storia della “trasparenza” e delle novità, forse peccando di ingenuità. Oggi queste persone si ritrovano ad ingoiare un boccone amaro.
Il governo gialloverde – 5Stelle e Lega – ha rappresentato ideologicamente la fine del Movimento così come era stato presentato fino a quel momento. Consci del sistema elettorale italiano, fino a quel momento ignorato, fanno buon viso a cattivo gioco – loro lo chiamano “senso di responsabilità” – presentando il famigerato “Contratto” di due forze politiche che, in quel momento, non apparivano poi così diverse.
Populista e sovranista la Lega, camaleontici i 5Stelle che, per l’occasione, si adattarono all’alleato assumendo un’identità politica inaspettatamente nazionalista – ma solo di facciata, considerato che il Movimento soffre di crisi di identità. La rottura con Salvini costringe l’ex partito di Grillo ad un repentino mutamento, che condurrà all’alleanza con il Pd di Zingaretti e, attenzione, con Matteo Renzi, il nemico numero uno fino a poco tempo prima, contro il quale si era consumata l’epica battaglia del 2016 sul referendum per il cambiamento della Costituzione.
Il potere della poltrona tuttavia si dimostra ancora una volta molto più potente di qualsiasi cosa sia stata detta in precedenza, dunque avanti tutta, tutto dimenticato! E Renzi diventa improvvisamente un alleato. I nemici della casta si sono trasformati in casta, con buona pace dei puristi e degli elettori storici che, secondo i sondaggi, li avrebbero abbandonati.
Infondo anche per gli italiani valgono le famose parole di Abraham Lincoln: “Si può ingannare tutta la popolazione per qualche tempo, e una parte della gente per tutto il tempo. Ma non si possono ingannare tutti per sempre”.
Con un atteggiamento incoerente che “promette e poi fa tutto e il contrario di tutto” è abbastanza normale che, prima o poi, gli elettori, anche i più duri e puri, alzino bandiera bianca.
E che dire dell’ausilio della piattaforma Rousseau, che promette a tutt’oggi trasparenza e partecipazione, mentre appare ormai soltanto un mero strumento per giocare allo scaricabarile?
“Non ce la sentiamo di assumerci le nostre responsabilità su un determinato argomento, per favore fatelo voi”. Ecco questo sarebbe più appropriato e veritiero in merito all’utilizzo del sistema che porta il nome del povero Jean Jaques (vien da domandarsi cos’avrebbe da dire a queste persone). Se dovesse risultare una scelta sbagliata la colpa sarebbe degli elettori “noi abbiamo fatto ciò che hanno scelto i nostri tesserati”. Un modo quantomeno bizzarro di fare politica.
Non c’è da stupirsi, dunque, che Mario Draghi, uomo di Bruxelles, banchiere e burocrate – tutto ciò che i 5Stelle hanno sempre giurato di combattere – sia visto oggi come un potenziale alleato che avrebbe fatto “una buona impressione” a Luigi Di Maio (no, non è una battuta, lo ha detto davvero).
Quindi, la parola agli elettori: “Draghi sì, Draghi no?”. Casaleggio mette le mani avanti e dichiara in queste ore: “in caso di vittoria del no su Rousseau, ci sarà da stabilire se il voto del Movimento 5 Stelle al Governo sarà negativo o di astensione”. Come dire, un tantino contraddittorio ma non ci sarà bisogno di ulteriori arrampicate sugli specchi.
Il 59,3% degli iscritti sceglie infatti il “sì”, dando il via libera a Draghi e al governissimo. Dunque lo stallo sulla formazione del nuovo esecutivo è superato. I camaleonti pentastellati si preparano all’ennesimo cambiamento, che non si riferisce a quello che avevano promesso in campagna elettorale.
“…La responsabilità è il prezzo della grandezza – scrive un ispirato Luigi Di Maio– oggi i nostri iscritti hanno dimostrato ancora una volta grande maturità, lealtà verso le istituzioni e senso di appartenenza al Paese…”. E continua, con improbabili giri di parole che il Movimento avrebbe scelto la strada del coraggio e della partecipazione ma soprattutto sceglie la via europea.
C’è da dire che le polemiche non mancano, soprattutto per quanto riguarda il testo del quesito sottoposto ai militanti. Molti lamentano il fatto che sia stato formulato allo scopo di rendere praticamente impossibile votare “no”, mentre Alessandro di Battista e Davide Casaleggio non nascondono un desiderio di “ribaltone” per una nuova leadership. Atmosfera non proprio idilliaca.
Comunque, ciò che conta è che ancora una volta le poltrone sono salve. L’ennesima buffonata si è conclusa.
Lo spettacolo, invece, continua mentre le mascherine comprate da Arcuri per medici ed infermieri non filtrano una mazza. Ritirate dal mercato. Questi figuri, invece, non intendono ritirarsi.
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