ROMA – RENZI-BOSCHI-LOTTI: LA FONDAZIONE OPEN ERA UN BANCOMAT?

Il sospetto degli inquirenti: la fondazione Open avrebbe funzionato come articolazione di partito per poi essere impiegata come strumento di finanziamento illegale. Una sorta di bancomat a disposizione di una cerchia ristretta di persone.

Roma – E’ da tempo che si cerca di “incastrare” Matteo Renzi, adesso anche lui è ufficialmente indagato. Il fascicolo aperto dalla Procura di Firenze, nell’ambito dell’inchiesta sulla fondazione Open, riguarda il presunto finanziamento illecito ai partiti. Con l’ex segretario del Pd e oggi leader di Italia Viva, sono stati iscritti sul registro degli indagati anche Maria Elena Boschi, Luca Lotti e Alberto Bianchi, presidente della fondazione fino allo scioglimento della stessa.

A questi indagati si aggiunge anche l’imprenditore Marco Carrai, amico personale di Matteo Renzi, già membro del Cda della stessa Open. Ampliando sempre più il raggio dell’inchiesta gli investigatori mirano a dimostrare collusioni e responsabilità di tanti esponenti politici. Sono state effettuate perquisizioni in oltre una ventina di città italiane presso i domicili di persone sospettate dove sarebbero stati scoperti documenti ritenuti assai interessanti.

Gli inquirenti intendono scoperchiare un sistema, perfezionatosi nel tempo, posto in essere da una certa politica. Ma  per imbastire le accuse ci vogliono le prove e, sino ad ora, pare non ve ne siano di concrete. Se non qualche indizio ancora non consolidato. Le Fiamme Gialle stanno cercando carte di credito e bancomat appartenenti a soggetti terzi e messi a disposizione dei parlamentari per le loro spese o per eventuali versamenti in loro favore.

In buona sostanza la caccia è aperta e le indiscrezioni si sprecano. Così si cerca di individuare i responsabili e far saltare il banco del governo. Pure illazioni? Forse. Intanto gli indagati hanno già ricevuto un invito a comparire in Procura per il prossimo 24 novembre. Le ipotesi riguardano tanti soldi: nella fondazione Open sarebbero confluiti dal 2012 al 2018 oltre 7,2 milioni di euro, in violazione delle norme sul finanziamento ai partiti. Vero o falso?

Il leader di Italia Viva dovrà dare molte spiegazioni

Tutto ciò nonostante una sentenza della Corte di Cassazione, intervenuta su alcuni sequestri disposti nell’ambito del procedimento sulla medesima fondazione. Nonostante i giudici di legittimità (Cassazione Penale, Sez. VI, 30 ottobre 2020, ud. 15 settembre 2020, n. 30225) abbiano annullato l’ordinanza del Tribunale di Firenze in sede di Riesame, nonché il precedente decreto di perquisizione e sequestro, l’indagine non solo continua ma si allarga a macchia d’olio.

La Suprema Corte, in sostanza, ribadisce “l’illegittimità di un sequestro, avente primari fini esplorativi, volto ad acquisire la notizia di reato in ordine ad un illecito non individuato nella sua specificità fattuale”. Poiché, si legge nella sentenza degli Ermellini, non sono definiti in alcun modo i contorni essenziali della vicenda, che dovrebbe ricondursi ad un traffico di influenze, in assenza del riferimento al tipo di mediazione richiesta o all’individuazione della controprestazione da remunerare, viene annullata senza rinvio l’ordinanza impugnata ed il decreto di sequestro, con la restituzione all’avente diritto dei beni sequestrati.

Suprema Corte di Cassazione

Un timbro non indifferente e che consente diverse chiavi di lettura. Comunque stiano le cose l’inchiesta sulla Fondazione non si ferma. E a seguito di altre perquisizioni e oltre ai reati di riciclaggio e traffico di influenze illecite, gli inquirenti hanno ipotizzato altresì il reato di finanziamento illecito ai partiti. Insomma Open avrebbe funzionato come articolazione di partito per poi essere impiegata come strumento di finanziamento illegale.

Queste almeno le ipotesi accusatorie per fatti che riguardano i periodi 2012-2018. Nel merito la politica non fiata. Il silenzio è davvero assordante, come si dice. E riguarda tutti gli scranni, da destra a sinistra. Solo Carlo Calenda, leader di Azione, ha manifestato la sua vicinanza a Renzi con un post su Twitter dal tono inequivocabile: “Sono vicino a Matteo Renzi. Rispetto per la magistratura ma in questi anni abbiamo visto troppe indagini finite in nulla che lo hanno riguardato”. Difficile dargli torto ma l’inchiesta è ancora alle prime battute. Facciamo lavorare serenamente magistratura e Fiamme gialle

 

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