Roma – Governo in corsa per bruciare i tempi. Nuovo via libera da parte del Consiglio dei Ministri al decreto per accelerare la realizzazione del Pnrr. Nel testo è entrato il pacchetto Scuola con la riforma del reclutamento e della formazione degli insegnanti. Un percorso universitario di formazione iniziale con almeno 60 crediti formativi, con una prova finale abilitante, a cui accedere anche durante i percorsi di laurea triennale e magistrale o della laurea magistrale a ciclo unico. Poi un concorso pubblico nazionale, indetto su base regionale o interregionale e un periodo di prova di un anno. Cambia così il reclutamento per i docenti, secondo la bozza all’esame del Consiglio dei Ministri.
Al concorso potranno accedere anche i precari che abbiano svolto servizio presso le istituzioni scolastiche statali per almeno 3 anni scolastici, anche non continuativi, negli ultimi cinque anni. Intanto con la fine dell’emergenza il 31 marzo i professori no-vax sono ritornati a scuola, ma non possono insegnare.
Nei giorni scorsi una circolare del Ministero firmata dal capo dipartimento per le Risorse Umane Jacopo Greco e dal capo dipartimento per il Sistema Educativo Stefano Versari, ha precisato che i docenti che non si sono vaccinati potranno essere utilizzati:
“…Per il servizio di biblioteca e documentazione, l’organizzazione di laboratori – si legge nella circolare – il supporto nell’utilizzo degli audiovisivi e delle nuove tecnologie informatiche, le attività relative al funzionamento degli organi collegiali, dei servizi amministrativi e ogni altra attività deliberata nell’ambito del progetto d’istituto…”. In sostanza tali docenti possono fare di tutto tranne insegnare.
Ai dirigenti scolastici e agli uffici scolastici regionali il Ministero chiarisce che anche in merito agli orari di servizio “…Per quanto concerne la determinazione dell’orario di lavoro, la prestazione lavorativa dovrà svolgersi su 36 ore settimanali, al pari di quanto previsto per i lavoratori temporaneamente inidonei all’insegnamento nonché per tutto il personale docente ed educativo, che a vario titolo non svolge l’attività di insegnamento ma viene impiegato in altri compiti…”.
Un passaggio delicato per i no-vax reintegrati, perché una cattedra è di 18 ore alle superiori, 24 alla primaria, 25 per l’infanzia, anche se l’orario di lavoro di maestri e professori va ben oltre. E così nelle scuole fioccano le lettere degli avvocati, mentre già qualche sindacato annuncia ricorsi. Sotto accusa la dequalificazione e l’orario. Ma lo stipendio pare sia rimasto invariato.
I dirigenti scolastici, in ogni caso, in attuazione di quanto espressamente imposto dal D.L. 44/2021, devono provvedere d’ufficio ad assegnare il personale docente ed educativo allo svolgimento delle funzioni in applicazione a questi criteri. La situazione sembra così paradossale da suscitare l’ironia del presidente della Regione Campania, il quale alla sua maniera si è espresso sull’argomento “…La conclusione dell’emergenza pandemica pare sia stata vergata da un atto di pura demenzialità per il mondo della scuola…”.
Non si vuole solo ridicolizzare un provvedimento, ma esaminare una vicenda che, comunque, sta comportando disagi e perplessità. Il rientro dei 3.812 docenti no-vax, non più sospesi dal primo aprile, sta diventando una bomba ad orologeria ed ha scatenato di fatto un vero e proprio terremoto nelle scuole.
In effetti ciò che più suscita dubbi e contrasti sono i professori non vaccinati che vengono pagati, pur senza fare lezione, mentre i supplenti chiamati per l’emergenza Covid, che sono circa 55mila assunti anche per sostituire i colleghi sospesi, che invece fanno lezione ma non ricevono lo stipendio da gennaio per ritardi nei pagamenti. Due pesi e due misure che fanno rivoltare lo stomaco.
Peraltro i supplenti non pagati sono stati assunti a ottobre con contratti Covid, che scadevano a fine dicembre, rinnovati sino al 31 marzo ed ora fino a giugno. Il caos regna sovrano.