I canoni moderni ritengono sconveniente lasciarsi andare a pianti liberatori, di questi tempi motivati come non mai. Eppure piangere è un toccasana, anche secondo i medici. Se non addirittura una necessità, a sentire il linguaggio del nostro corpo.
Roma – Le lacrime sono uno dei tratti distintivi dell’essere umano. Un archetipo di comportamento trasversale ad ogni società, dalle primitive a quelle attuali. D’altronde il primo vagito di un neonato è associato al pianto, quindi è un segno di vita. Con lo sviluppo dell’industria cinematografica e musicale le lacrime sono diventate ingredienti basilari per film e testi musicali.
Per quanto riguarda la settima arte, non si possono non ricordare Le lacrime amare di Petra von Kant, film del 1972 diretto da Rainer Werner Fassbinder, una toccante storia di solitudine. Per quanto riguarda le canzoni, come non menzionare un monumento storico della melodia napoletana: Lacreme napulitane, pubblicata nel 1925, famosa sia in Italia che all’estero. È la storia di un emigrante napoletano negli USA che ricorda i suoi cari prima delle festività natalizie, consapevole di quanto sia dura la vita lontano dalla famiglia e di quante lacrime si versano al pensiero dell’azzurro cielo natio.
Le lacrime, però, non sono tutte uguali. Ci sono quella dettate dalla gioia, dalla rabbia, dalla tristezza e quelle frutto del dolore fisico. Il dottor Nick Knight, giovane medico londinese con dottorato in prestazioni umane, ha studiato i motivi scientifici per cui si piange.
Esistono tre tipi di lacrimazione: principale, reattiva e psichica. Le lacrime principali possono essere definite lacrime dei lavoratori, sono quelle che lubrificano la cornea e impediscono che l’occhio si secchi. Quelle reattive prevengono le irritazioni causate da particelle estranee, come il classico moscerino nell’occhio o il taglio della cipolla. Le lacrime psichiche, come suggerisce la definizione, sono dovute a emozioni come rabbia, gioia, stress, dolore, tristezza. Queste lacrime sono naturalmente ricche dell’analgesico noto come encefalina leucina. Questo spiega perché dopo un pianto, in genere, ci si sente decisamente meglio di prima.
Nel nostro cervello c’è una specifica area, il sistema limbico, direttamente collegata al sistema nervoso. Quest’ultimo grazie a un neurotrasmettitore, l’acetilcolina, riesce a controllare il sistema lacrimale. In sostanza produce una piccola molecola che stimola le lacrime. Col pianto si innesca un processo che genera una serie di effetti: il battito cardiaco aumenta, cresce la sudorazione, la respirazione rallenta. Ecco confezionato il famoso nodo in gola.
Dalla ricerca sembra essere confermata che le donne hanno il cosiddetto pianto facile. E ne hanno ben donde: con gli uomini che ci sono in giro “non ci resta che piangere“. Che, tanto per restare in tema cinematografico, è il titolo del noto film del compianto Massimo Troisi e Roberto Benigni, anno 1984. Lo studio ha stimato che il gentil sesso si concede circa 50 pianti all’anno, mentre i maschi solo una decina.
Il dottor Knight ci esorta a piangere, perché fa bene alla salute. Quindi armiamoci di fazzoletti e diamo via libera ai dotti lacrimali. Vuoi vedere che i governi del mondo sono talmente consapevoli del benessere prodotto dalle lacrime, che fanno scoppiare guerre e crisi una dietro l’altra. Tanto per gradire, per farci versare lacrime amare come il fiele, così dopo si starà meglio. E noi siamo così coglioni che non ce ne siamo nemmeno accorti. Dovremmo essere più riconoscenti per queste opportunità di catarsi che ci vengono offerte!