Migranti della politica: senza barconi fanno avanti e indietro da una sponda all’altra

Trattasi di persone serie e motivate politicamente che, dopo le elezioni, si fanno prendere dalla fregola di cambiare partito per racimolare qualche vantaggio in più. Sono gli onorevoli di oggi (ma c’è anche qualche anziano) che senza barconi approdano in lidi sempre diversi. Con grande faccia tosta e alla faccia degli elettori.

Roma – Quando la politica si approssima alle ferie si riparla di migranti. Un argomento che va bene per tutte le ruote e che lascia ampi spazi di discussione e riflessione tali da riempire intere trasmissioni televisive specie quando i palinsesti scarseggiano di argomenti validi e interessanti.

Poi c’è un’altra migrazione, quella politica, di cui si parla poco tranne in periodo elettorale e durante le crisi di governo. Tale tipologia di trasferimento è meno cruenta di quella tristemente nota e che non fa uso di barconi e barchini. In questa basta cambiare casacca ed ecco che ti ritrovi nell’altra sponda, un altro partito pronto ad accoglierti e a darti ospitalità. Che, ovviamente, nulla ha a che vedere con gli affollatissimi hotspot o con i centri di assistenza, beninteso.

Questa migrazione è molto più comoda e conveniente e si avvale del vento che tira. Meglio se il vento porta verso il vincitore sul cui treno è sempre possibile salire. Anche in questo settore ci sono i migranti abituali, ovvero i parlamentari che cambiano colore diverse volte nel corso della medesima legislatura.

Pare che dal 2020 i transfughi siano stati ben 250. Solo tra maggio e aprile di quest’anno si sono verificati 31 “fughe” verso altri lidi. Otto sono invece i parlamentari che hanno vestito almeno tre “maglie” diverse. ll senatore Gianni Marilotti, per esempio, si è “rifugiato” presso partiti diversi per cinque volte. Un primato da Guinness. L’onorevole é stato eletto nel Movimento Cinque Stelle ma poi Beppe Grillo gli è andato per traverso ed è passato al Gruppo Misto come tanti suoi colleghi pentastellati.

Il senatore ha poi passato in rassegna i partiti “Per le Autonomie” e gli “Europeisti” per poi ritornare al Gruppo Misto il 26 gennaio scorso. Il 30 marzo il buon Marilotti sembra definitivamente approdato nel Pd dove pare rimarrà sino a nuovo ordine.

Gianni Marilotti, scrittore, insegnante e senatore “inquieto”.

Spetta a questo solerte “viaggiatore” la guida ideale di quella che qualcuno ha definito la “pattuglia dei parlamentari migranti” ovvero i 46 deputati e senatori che, sino alla fine di maggio, avevano già cambiato coccarda per almeno una volta.

Fra questi c’è anche una donna, tale Mariarosaria Rossi, un tempo annoverata tra i “fedelissimi” di Silvio Berlusconi e poi transitata a Palazzo Madama da Forza Italia agli Europeisti e poi al Misto. Segue a ruota l’ex comandante Gregorio De Falco passato in Senato dai Cinque Stelle al Misto. Ed altri che hanno cambiato idea per una sola volta, sino ad oggi.

Una vera transumanza politica seconda solo all’alpeggio per la formazione del “Conte ter, poi abortito, che ha visto decine di voltagabbana farsi spazio fra scranni diversi. C’è da dire però che con la nascita di “Coraggio Italia”, la formazione politica di Luigi Brugnaro e Giovanni Toti, che ha costituito un gruppo autonomo alla Camera, ci sono stati altri migranti che hanno aderito al nuovo partito.

Mariarosaria Rossi (Il Fotogramma)

Si tratta di 11 parlamentari “fuoriusciti” da Forza Italia che, di contro, ha visto il ritorno a casa di Renata Polverini, precedentemente passata al Misto in occasione dell’ipotetico varo del terzo governo Conte. Insomma un gran via vai impensabile nei tempi d’oro della politica italiana quando gli ideali erano ancorati al partito di appartenenza dal quale, pur con tutte le contraddizioni ed i conflitti interni, non ci si poteva allontanare per “beccare” altrove.

Adesso, invece, non bisogna essere nemmeno bravi equilibristi, basta soltanto una gran faccia tosta e una bella dose di opportunismo per battere alla porta di chiunque, sicuri di essere accolti. A conti fatti in poco più di tre anni di legislatura i cambi di gruppo sono stati addirittura 259, come emerge dalla fotografia delle casacche dismesse scattata da Openpolis.

Infatti 171 sono quelli “andati in scena” a Montecitorio, che hanno visto protagonisti 138 deputati, alcuni anche con passaggi multipli. Al Senato, invece, le “migrazioni” sono state 88 e hanno coinvolto 65 senatori. La formazione più colpita dal fenomeno della “migrazione parlamentare”, checché ne dica quel comico di Grillo, è il gruppo del M5S.

Alla fine di maggio erano 93 gli eletti pentastellati che risultavano trasferiti in altri gruppi, 60 alla Camera e 33 al Senato. A fare avanti e indietro con le “porte girevoli” delle Camere sono stati anche Forza Italia con 37 “transfughi” ed il Partito Democratico con 31 uscite, dicesi trentuno, scaturite in larga parte dopo la nascita di Italia Viva del buon Matteo Renzi all’inizio della legislatura. Quando si dice coerenza e serietà.

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