Mario Draghi: tanto tuonò che piovve

Il Premier del Governo di unità nazionale ha fatto le valigie. E stavolta pare che non sia stato trattenuto nemmeno da Mattarella che, nel frattempo, ha sciolto le Camere. Si va al voto il 25 settembre mentre l’esecutivo rimarrà in carica per il disbrigo delle incombenze correnti. L’Europa ormai ci guarda con maggiore sospetto. Al via una campagna elettorale alla “bersagliera”.

Roma – Tutto si è svolto secondo copione, così Draghi si è dimesso e Mattarella inizia le consultazioni con i presidenti della Camera e del Senato. I ministri Gelmini e Brunetta lasciano F.I. Questioni di fiducia e di responsabilità a volte non coincidono, così nonostante numericamente in parlamento la fiducia al premier abbia prevalso, dopo tanti giochini, ricami grossolani e poche raffinatezze, Draghi chiude la porta ad un parlamento che da tempo si è auto-delegittimato.

Il M5s, la Lega e Forza Italia determinanti per affossare il premier, che a testa alta e nessun cedimento non ha fatto sconti a nessuno. Ogni manovra di palazzo non è servita a nulla per lanciare un salvagente al governo delle riforme. L’esecutivo continuerà per l’ordinaria amministrazione fino alla nascita di una nuova compagine di governo dopo le elezioni. Tutto passa nelle mani del Presidente della Repubblica che ha sciolto le Camere.

In ogni caso il premier con la “road map” imposta da Mattarella ha fatto emergere le tante incongruenze che hanno animato la maggioranza di governo, scoprendo partiti e leader che hanno rottamato il governo di unità nazionale. Al di là del gioco dello “schiaffetto” e dello “scarica barile”, le responsabilità sono evidenti e l’amarezza per avere bruciato una opportunità invade l’animo di chi, nonostante tutto, si era illuso in un vero senso di resipiscenza e maturità politica.

Non si è agito per il bene comune e l’irresponsabilità ha prevalso, una scelta politica è stata fatta tanto da mandare in solluccheri l’opposizione. Purtroppo la spericolatezza di alcuni ha messo in pericolo tutti. Letta, grande mediatore e grande sconfitto, racchiude il proprio stato d’animo in un twitt: “Giorno di follia, il Parlamento decide di mettersi contro l’Italia”.

Mario Draghi, ultimo atto

Mentre la rabbia di Luigi Di Maio, che nonostante la scissione con i Cinque stelle, non è riuscito a fermare la deriva parlamentare definisce quello che è successo come una pagina nera per l’Italia. L’euforia di Salvini, per certi versi incomprensibile, è talmente priva di razionalità che scarica le macerie su Conte e Letta, senza neanche assumersi le responsabilità della crisi. Com’é suo solito.

Così addossa le responsabilità a Draghi, che secondo il leader del Carroccio, è stato vittima della follia dei 5 Stelle e dei giochini di potere del Pd. Vi sono stati gli applausi dei parlamentari leghisti, così Giancarlo Giorgetti fa arrivare al Premier il suo dispiacere personale e l’amarezza per un governo che cade senza che il Parlamento abbia la forza di votare contro.

Lo scenario è sempre lo stesso di quello a cui si è assistito per l’elezione del Presidente della Repubblica. Seduta-lampo, dunque, alla Camera, dove poco dopo le 9 il presidente del Consiglio ha chiesto subito di sospendere i lavori per consentirgli di comunicare al capo dello Stato le sue determinazioni dopo il voto di ieri in Senato. E le dimissioni subito dopo.

Quando i sondaggi c’azzeccano

In aula dopo le sue comunicazioni, il premier è stato accolto da un lungo applauso al punto che Draghi, visibilmente commosso, si è concesso una battuta: “Grazie per questo applauso, certe volte anche il cuore dei banchieri centrali viene usato. Grazie anche per il lavoro svolto”. Game over. La campagna elettorale continuerà imperterrita, con fiumi di parole e suggestioni che allargheranno il solco, ormai tracciato da tempo, fra cittadini e istituzioni incentivando l’astensionismo.

L’allarme renitenti al voto però sembra non preoccupare i leader di partito che continuano a giocare le proprie carte come se nulla fosse successo. Il clima sociale è rovente da ogni punto di vista, non c’è ancora un dossier definito che possa fare sperare in una ripresa vera. Una brutta pagina si chiusa. Quelle che verranno saranno peggio?

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