Il piccolo centro della Lomellina da anni risente di un'eccessiva industrializzazione e degli agenti inquinanti che si sprigionano dal vicino inceneritore e da qualche centinaio di aziende chimiche e opifici a rischio.
Parona – Un esposto alla Procura della Repubblica per tutelare la salute dei cittadini. L’ha presentato un coraggioso ambientalista e consigliere comunale d’opposizione, Renato Soffritti. Il consigliere spiega la sua forte iniziativa senza mezzi termini: “…Sono convinto da tempo che le istituzioni che dovrebbero tutelare la nostra salute – premette Soffritti – non siano tanto attente alla realtà di Parona e della Lomellina, perché mentre enti e istituzioni come l’Arpa hanno riferito che la colpa dell’inquinamento risiede nelle stufe dei cittadini o degli agricoltori che bruciano le sterpaglie in agosto, studi commissionati all’Istituto Mario Negri confermano che Parona è tra le peggiori località d’Italia tra diossine, fanghi e scorie radioattive...“.
L’argomento è ben noto da tempo: Parona è un piccolo Comune – 9,30 chilometri quadrati – in provincia di Pavia, con meno di 2mila abitanti. In questo fazzoletto di terra fra le risaie insistono un termovalorizzatore che essicherà anche i fanghi, oltre un centinaio di insediamenti industriali fra i quali un impianto per il trattamento di rifiuti speciali (salito agli onori della cronaca nel 2017 per l’incendio divampato nel piazzale che ospita i rifiuti, ndr), un altro che produce resine poliesteri, un altro ancora che ricicla alluminio, un’industria che si occupa di realizzare macchine e impianti per il riciclo e la rigenerazione di materiali plastici e ancora ditte, aziende e opifici che lavorano e inquinano aria, suolo, sottosuolo e faglie acquifere.
Nel 2011 sempre in territorio di Parona, scoppiò il caso delle “uova alla diossina”: in un allevamento rurale l’Asl, dopo diversi controlli a campione, aveva riscontrato valori di diossine e Pcb (composti organici usati anche come additivi in vernici, pesticidi e sigillanti) superiore ai limiti di legge. Sempre nel 2011 arrivarono, e tuttora permangono in loco, ben 120 tonnellate di rifiuti radioattivi a base di Radio 226. Questi ultimi provenienti da un altro Comune che, prudentemente, se li era sbolognati, come si dice. Ma c’è di più per quanto riguarda l’inceneritore, lo stesso che in America era stato dichiarato pericoloso e poi dismesso:
“…Hanno innalzato il limite dell’inceneritore a 492 tonnellate annue di rifiuti bruciabili – aggiunge Soffritti – e questa è una preoccupazione in più, perché fino ad oggi la quantità effettiva incenerita si stabilizza tra le 180 e le 230 mila tonnellate, adesso siamo quasi al doppio. Sapere poi che per due anni potranno funzionare addirittura tre caldaie (al momento ne funzionano 2) la cosa ci terrorizza perché questo significa un aumento del traffico e dell’inquinamento. Prima di autorizzare un impianto nel più degradato paese d’Europa, si sarebbe dovuta fare, come minimo, una “Valutazione Ambientale Strategica” sulla realtà impattante ora esistente. Non trovo logico discutere di un impianto di essiccazione fanghi che punta solo al profitto e nemmeno al recupero del fosforo o di altri elementi utili per l’agricoltura. Chi li ha autorizzati non ha tenuto conto, per esempio, che una fonderia di alluminio che emette ammoniaca in modo sproporzionato e diventa un precursore delle polveri sottili e delle nanopolveri di un inceneritore. Per questo due impianti come questi dovevano essere considerati incompatibili sullo stesso territorio...“.
Da anni il consigliere Soffritti, con forza e determinazione, porta avanti una petizione per convertire l’impianto d’incenerimento in un impianto di recupero:”…Se sarà il caso – conclude Soffritti – ripartiremo con la raccolta di firme porta a porta, con il volantinaggio, coinvolgendo partiti e movimenti locali, incluso il Ministero dell’Ambiente e la Comunità Europea per cercare di arginare questo scempio che colpisce sempre e solo il nostro paese e di conseguenza la Lomellina. A Parona la situazione è peggiorata: abbiamo la diossina nei terreni, non possiamo allevare polli e galline e nemmeno mangiare le uova. Gli animali e soprattutto le galline si possono allevare solo come “Animali da compagnia”. Ma mentre a Robbins negli Stati Uniti l’impianto gemello dell’inceneritore di Parona ha chiuso i battenti negli anni ’90 perché i continui fermi potevano alterare l’aria e produrre diossina che si poteva accumulare sui terreni, qui la diossina continua ad aumentare e gli studi commissionati all’istituto Mario Negri di Milano lo confermano...”. Nel frattempo nella zona sono aumentate le patologie tumorali ed altre malattie da agenti patogeni inquinanti. Fra il silenzio delle istituzioni e di una certa politica complice e connivente.
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