Con l’economia in picchiata la maggioranza traballa sempre di più. E non solo per gli scivoloni dei 5 stelle. Incombe lo spettro dell’ennesimo governo imposto. Nel frattempo gli italiani sono in ginocchio e la povertà dilaga.
Roma – Draghi non intende stare al guinzaglio dei partiti, così ha colto l’occasione per certi versi offerta su un piatto d’argento dal partito di Grillo. Tutto l’ambaradan in un contesto generale a tinte fosche, con la guerra in Ucraina e le tensioni geopolitiche che mettono in crisi le catene di forniture globali che destabilizzano l’economia, rendendo lo stesso Pnrr insufficiente agli scopi iniziali. Il Paese zoppica, l’esecutivo è in crisi e l’inflazione oltre l’8 per cento erode il potere d’acquisto già in caduta libera.
E ancora non abbiamo visto nulla. Oltre cinque milioni e mezzo di italiani sono sotto la soglia di povertà assoluta e quattro milioni di dipendenti che guadagnano meno di 12 mila euro all’anno. Insomma un orizzonte non certo roseo. Fisco, welfare, concorrenza, giustizia sono ancora riforme senza risposte. Le emergenze si moltiplicano. Il Paese, passate le ferie estive, potrebbe esplodere in autunno. Adesso c’è il bivio decisivo del prossimo mercoledì 20 luglio, con il passaggio di Draghi alle Camere. Sulla bilancia due le vere opzioni, il Draghi-bis o le elezioni anticipate. Messi tutti i pesi e i contrappesi, fra veti, diktat, calcoli elettorali e bramosie di potere, non ci sono al momento spazi politicamente sostenibili per ricostruire l’attuale maggioranza di governo.
Almeno questo il quadro ad oggi. Una ulteriore forzatura costituzionale, cioè un altro governo “del Presidente”, l’ennesimo esecutivo senza voto, potrebbe costituire la goccia che fa traboccare il vaso. Più facile che si dia la parola agli italiani. L’attuale crisi politica, se non fosse per i problemi della difficile contingenza economica e la recrudescenza della pandemia, sembrerebbe un vero psicodramma magistralmente condotto. In ogni caso delle scelte di Draghi non bisogna farne una tragedia, d’altronde anche quando Conte fu costretto alle dimissioni eravamo in piena emergenza Covid-19 e con la necessità di dare attuazione al Pnrr.
L’abbandono del premier, peraltro, era una variabile prevista se fosse stato eletto, come desiderava, Presidente della Repubblica. Non si deve dimenticare neanche l’azzeramento della libertà di manovra del M5s all’interno del “governo dei migliori” che è un fatto, non una tesi complottista. Ciò viene evidenziato solo per non cadere nell’oblio della memoria. La scissione pilotata da Di Maio risponde peraltro proprio alle esigenze del premier di depotenziare Conte, tanto da diventare il ministro degli Esteri il vero portavoce istituzionale di Draghi. La fascinazione dell’economista più noto in Europa ha colpito ancora.
Ora una crisi di governo ed un eventuale scioglimento delle Camere inciderebbero sull’adozione dei decreti legislativi attuativi di riforme già approvate dal Parlamento. Pertanto, le rinnovate dimissioni di Draghi in parlamento potrebbero condurre ad uno scenario estremamente critico relativamente all’iter dei principali provvedimenti, già presentati alle Camere, con particolare riguardo a quelli relativi alle riforme necessarie per raggiungere gli obiettivi del Pnrr entro dicembre 2022 e a quelli di conversione dei decreti-legge attualmente pendenti in Parlamento. In particolare la riforma del codice degli appalti, del processo civile, del processo penale, dell’ordinamento giudiziario, nonché la delega spettacolo.
Nelle prossime settimane, per esempio, dovrebbero essere presentate, sulla base degli impegni assunti dal nostro Paese, ulteriori nuove riforme, a cui bisogna aggiungere la Delega al Governo per la riforma fiscale. Infine, vi sono i decreti-legge in conversione nei diversi rami del Parlamento. In caso di Governo dimissionario, qualora dovessero emergere posizioni contrapposte all’interno della maggioranza, ovvero l’ostruzionismo delle opposizioni, il Governo non potrebbe ricorrere eventualmente alla questione di fiducia per garantire il rispetto dei termini costituzionali per la conversione. Comunque, ha fatto bene Mattarella a respingere le dimissioni di Draghi, in quanto il rapporto fiduciario nella maggioranza è realistico. Cioè i motivi della nascita dell’attuale governo restano ancora validi.