In Europa siamo agli ultimi posti in quanto a occupazione, inutile dire fesserie e proclamare annunci trionfanti. E perdiamo ancora punti negli ultimi mesi tranne per quanto riguarda il lavoro nero e l’evasione fiscale relativa al mondo dell’economia sommersa che conta migliaia e migliaia di invisibili. Veri e propri fantasmi anche per le statistiche.
Roma – Italia maglia nera per tasso di occupazione in Europa. Per quanto riguarda la crescita del lavoro siamo in zona retrocessione, tanto per utilizzare una terminologia calcistica. Del resto niente di nuovo sotto il sole: sono ben cinque anni che siamo agli ultimi posti per tasso di occupazione, addirittura dietro la Grecia. Ai piani alti troviamo invece i Paesi del Centro-Nord Europa, Germania, Olanda e Svezia. E non è un caso, almeno stando ai numeri.
Dopo il periodo più buio dovuto alla pandemia con la crisi economica che ha provocato, l’occupazione a livello europeo è in netto rialzo. Infatti nella fascia d’età tra i 15-64 anni il secondo trimestre del 2021 ha raggiunto la percentuale del 68,2%, in crescita anche rispetto al trimestre precedente quando era del 66,8%.
Se questi dati vengono confrontati con quelli dell’anno scorso, balza subito all’occhio la crescita che c’è stata, rispetto a quando il lockdown e la crisi della sanità con i morti per Covid, la facevano da padroni. Se in media il tasso di occupazione in Europa è aumentato, i dati dei singoli Paesi portano alla luce anche le dolenti note. Sempre nella stessa fascia d’età 15-64 anni, la nazione che ha il tasso più basso di lavoratori in servizio è la Grecia.
I dati Eurostat ci informano che il tasso di occupazione in Grecia è stato pari al 57%, nel secondo trimestre di quest’anno. A ruota, tanto per parafrasare il linguaggio del ciclismo, è tallonata dalla nostra amata Italia. D’altronde come poteva essere altrimenti con le affinità culturali che intercorrono tra i due Paesi? Era o non era definito Magna Grecia il nostro Meridione? Ergo, siamo affini anche nel distribuire lavoro?
Il tasso di occupazione nel nostro Bel Paese si è fermato al 58,2%. Siamo stati superati anche da Romania e Spagna che hanno raggiunto una percentuale del 62,4%. In Italia gli effetti della pandemia si sono fatti sentire, eccome. Quando il lockdown era nella sua fase massima, nel secondo trimestre del 2020, il tasso di occupazione è calato al 57,5%. Ben 0,9 punti percentuali in meno rispetto al trimestre precedente e, addirittura, di 1,9 punti in confronto allo stesso periodo del 2019.
Ma emerge un aspetto ulteriore, estremamente negativo. Ovvero il punto più basso si è raggiunto nel primo trimestre dell’anno in corso, con un tasso d’occupazione sceso al 56% per l’introduzione delle nuove restrizioni. In seguito alla decisione di somministrare il vaccino alla popolazione e la relativa ripartenza, anche se col fiatone, di una gran parte dei vari comparti dell’economia e del turismo, il tasso è risalito al 58%.
Un’energizzante rispetto al dato precedente ma occupiamo comunque la penultima posizione e non c’è da stare allegri. Invece tra le nazioni dell’Unione Europea che hanno il tasso di occupazione più elevato, troviamo al primo posto i Paesi Bassi, la cui percentuale di occupati tra i 15-29 anni sempre nel secondo trimestre del 2021 ha raggiunto la ragguardevole percentuale dell’80,7%. Segue la Svezia col 75,7% e poi la Germania col 75,6%. E’ come dire che se nei Paesi Bassi sono occupati più di 8 lavoratori su 10, nel nostro Bel Paese meno di 6 su 10.
Non si vuole mettere in dubbio la fondatezza di questi dati, né l’autorevolezza del prestigioso ufficio statistico europeo, ma qualche appunto è utile che venga esplicitato. I dati accertati sicuramente analizzano la realtà che emerge. E quella sommersa che fine fa? Quando si afferma che da noi lavorano meno di 6 persone su 10 è una verità statistica certo, ma col lavoro in nero e con aziende che riescono ad evadere sia il fisco che la previdenza, il numero dei prestatori d’opera salirebbe di sicuro.
Il nodo politico non risolto da decenni, ormai, è proprio l’emersione di questa economia che vive nell’illegalità. Poveri lavoratori in nero: oltre a prendere paghe più basse, non avere contributi versati, sono pure invisibili. Nemmeno per la statistica esistono.