L’agenda Draghi è una boutade per raccattare voti

L’ultimo decreto di sostegno è insufficiente e certo non si potrà andare avanti a colpi di bonus o rinviando il termine dello sconto sui carburanti. L’Italia non ha più bisogno di contentini ma di riforme vere. Abbassare le tasse di un niente sotto i 35mila euro è una buffonata colossale. Cosi come i microscopici aiuti sulle pensioni. Intanto aumentano le famiglie che tirano la cinghia.

Roma – Mentre partiti e coalizioni sono al lavoro per le prossime elezioni nazionali e regionali in Sicilia, per l’attuazione del Pnrr vengono predisposti presidi per i controlli antimafia delle aziende candidate ad incassare i fondi pubblici. Così oltre 400 nuove unità di personale verranno assunte a tempo indeterminato nelle prefetture e negli uffici territoriali del governo dedicati al supporto degli enti locali nell’attuazione dei relativi progetti. Intanto continua la diaspora sullo “scadenzario” del Premier, che l’ex Supermario sta lentamente portando a termine nei limiti dei poteri concessi. In ogni caso “l’agenda Draghi” continua ad essere il “libro di testo” utilizzato da molti leader per la campagna elettorale.

Il Presidente del Consiglio pur non essendo stato sfiduciato ha voluto interrompere la legislatura perché è, a suo dire, é mancata una politica responsabile. Tutto ciò a causa in primis dell’insofferenza di Draghi ed in seconda istanza per alcune strategie partitiche che all’ultimo minuto della partita hanno approfittato, come la Lega e F.I, delle incursioni dei grillini e della debolezza caratteriale di Draghi.

Questi partiti hanno poi rilanciato le loro proposte per portare a termine la legislatura. Del resto per ottenere i fondi previsti dal Pnrr sono necessarie alcune riforme ed interventi legislativi che chiunque fosse stato a capo del governo doveva predisporre. Invece si parla ancora e soltanto di “agenda Draghi”. Un vero fallimento.

Con ciò non si vogliono sminuire competenza e autorevolezza del Premier, ma soltanto evidenziare che si sta parlando di straordinaria amministrazione dovuta ad alcune emergenze che di ordinario non hanno nulla a che fare. Pensiamo alla pandemia, alla situazione internazionale determinatasi a causa del conflitto bellico e dei conseguenti effetti economici nefasti. Draghi, bisogna dirlo, si è stancato ed ha inteso sottrarsi a qualsiasi confronto dialettico nell’interesse italico.

Ecco la principale motivazione della crisi. La politica, d’altronde, non poteva rimanere muta pur nella sua oggettiva incapacità e lasciarsi trainare da un governo che, anche se definito di unità nazionale, non riusciva a toccare dossier importanti. L’alternativa sarebbe stata “frizzare” tutti i partiti della maggioranza, lasciando ampio spazio alla sola opposizione, impegnandosi in proposte legislative parlamentari, senza disturbare il “manovratore”.

Intanto è andata cosi e sarà una vera iattura per il Bel Paese. Ma la vera sconfitta in questa vicenda è stata l’attuale classe dirigente parlamentare che non è riuscita a coglier l’opportunità, offerta da alcuni visionari politici e formalizzata da Mattarella, nel crearsi spazi di manovra parlamentare sulle tante problematiche che da anni attendono di essere affrontate.

Invece quando qualcuno presentava all’opinione pubblica qualche situazione economica e sociale da affrontare in Parlamento, la risposta collettiva degli avversari, interni ed esterni, era sempre la stessa: le proposte avanzate apparivano inopportune in considerazione del clima emergenziale che si stava vivendo o perché divisive. Insomma si chiudevano gli occhi per rimanere nella mediocrità. Il risultato, infatti, è stato avvilente, inopportuno e mal concepito.

Così per impazienza e strategia attendiamo miracoli da un Parlamento, dimezzato nella sua rappresentanza, che si “rinnoverà” il 25 settembre. Oggi però, nonostante tutto, molti partiti che si presenteranno agli elettori con liste, simboli e programmi, ostentano ancora “l’agenda Draghi”, come fosse l’unico mantello per rendersi credibili.

Mario Draghi: in molti avevano riposto in lui tutte le speranze

Senza accorgersi che lo stesso Premier, nella conferenza stampa successiva al CdM nel quale si è approvato il Dl Aiuti, ha “cambiato titolo all’agenda” che portava il suo nome, definendola semplicemente un’agenda fatta di “credibilità e risposte” per i problemi urgenti del Paese. Ma alcuni partiti, come Pd e Azione, non riescono a fermare i motori e riassettare i programmi per la corsa elettorale. Una corsa che rischia di portare fuori strada.

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