Tutti soddisfatti tranne Giorgia Meloni. Fratelli d’Italia infatti non ha ottenuto nemmeno un posticino fra i vertici Rai anche se l’opposizione ne avrebbe diritto. Adesso ci si aspetterebbe un cambio radicale nella conduzione del carrozzone politico della comunicazione di Stato ma sappiamo bene che non cambierà nulla. Anzi.
Roma – I quattro nuovi membri del Consiglio di Amministrazione Rai siedono nelle rispettive poltrone. Spartizione è fatta. Sull’ancora permanente euforia calcistica si è divisa in parti uguali l’ennesima torta politica, nel silenzio e nell’indifferenza più assoluta.
Alla Camera sono state scelte due donne, Simona Agnes, sostenuta da Forza Italia, e Francesca Bria, proposta dal Partito Democratico che ha avuto l’appoggio del Movimento Cinque Stelle e Liberi e Uguali.
Per quanto riguarda il Senato sono stati nominati Alessandro Di Majo e Igor De Biasio, quest’ultimo della Lega e già membro del Cda dal 2018. A loro si aggiunge Riccardo Laganà, confermato come rappresentate dei dipendenti Rai.
Confermate, da parte del CdM, le nomine di Marinella Soldi e Carlo Fuortes, rispettivamente nella qualità di presidente e amministratore delegato. Con queste ultime nomine il nuovo Consiglio di amministrazione della Rai è al gran completo. Tutti sistemati e ben piazzati.
Adesso si procederà alla seconda tranche di nomine, che dovrebbero riguardare il direttore generale, eventuali direttori di reti e testate giornalistiche. Ma aumenta la bagarre politica e l’insoddisfazione di chi è rimasto fuori da tutti i “giochi”. Forse non tanto legittimamente.
Primo fra tutti Fratelli d’Italia che protesta energicamente per l’esclusione dal CdA, chiedendo un intervento addirittura del Presidente della Repubblica, dei Presidenti di Camera e Senato, presentando anche una interrogazione alla Commissione europea, a nome del gruppo dei Conservatori a Strasburgo, Ecr, di cui Giorgia Meloni è presidente.
“…È una violazione senza precedenti – ha detto la pasionaria dell’opposizione – la televisione di Stato è pagata con i soldi di tutti gli italiani e per questa scandalosa esclusione ci aspettavamo l’intervento di Mattarella. Questa è stata una violazione senza precedenti delle più banali norme del pluralismo…”.
Sia in CdA che nel consiglio di Presidenza Rai un “posto” spettava all’opposizione dunque la protesta appare lecita considerando che sempre di “spartizioni” si tratta e non di opere di beneficenza. A sostegno della Meloni, per la Lega, interviene Alessandro Morelli viceministro ai Trasporti il quale sostiene che “la sinistra come sempre prova a fare il pieno di poltrone, ma assicura che i due unici consiglieri indicati dal centrodestra lavoreranno per garantire libertà di informazione, pluralismo e pari dignità per tutti”.
Di tutt’altro tenore il parere del segretario della commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi, il quale fa esplodere numerose contraddizioni sulla genuinità di certe affermazioni maliziose:
“…Invece di incaponirsi sulla riconferma di chi, come il consigliere Rossi, è stato tra i responsabili in questi tre anni della peggiore Rai di sempre – ha detto Anzaldi – la leader di Fratelli d’Italia avrebbe potuto e dovuto dialogare e trattare con gli altri partiti per trovare un profilo condiviso di vera garanzia e competenza, visto che aveva bisogno dei voti degli altri per eleggere un consigliere. Invece l’On. Meloni ha avuto la singolare pretesa – prosegue Anzaldi – che altri partiti si adeguassero al suo diktat…”.
Sembra, in effetti, paradossale e privo di corrispondenza alla realtà supporre che sia stata penalizzata l’area del centrodestra, in quanto se ci fosse stata proprio in quest’area politica maggiore compattezza si poteva raggiungere al massimo la nomina di tre componenti anziché degli attuali due. Numeri in Parlamento permettendo. Pertanto non c’è alcun complotto. Alcuni partiti si sono saputi muovere meglio di altri, questa è la verità.
Invocare poi il mancato rispetto della volontà popolare in base a “l’aria che tira” e che vedrebbe l’elettorato orientato verso la destra, ci sembra davvero eccessivo. I sondaggi sono sondaggi e la “spartizione” della torta non ha nulla a che vedere con i numeri delle proiezioni.
Alle urne se ne riparlerà quando i cittadini dovranno ricordarsi delle solite beghe di potere e di chi le ha provocate nell’esclusivo interesse delle proprie tasche e non per quelle degli italiani.