Il centrodestra sembra perdere colpi per la scelta del candidato governato nell’Isola. Intanto il centrosinistra organizza le primarie nella speranza di trovare una guida affidabile. C’é tanta confusione e nessuna certezza.
Palermo – Musumeci, dopo il suo “passo di lato”, che tradotto in termini politici significa disponibilità a fare il bis qualora ci fosse un centrodestra compatto, rimane in attesa che tutti si chiariscano le idee. Fanno sorridere le ipotesi ventilate da alcuni quotidiani, i cui nomi sono tutti bruciati. Stancanelli e Abramo su tutti. Il primo europarlamentare di FdI, il secondo di aria dem, vicino a Pietro Bartolo.
Una considerazione è fondamentale. Se il centrodestra vuole anche Musumeci nell’alleanza, non si può ipotizzare una candidatura di Stancanelli, ex sindaco di Catania. Essendo dello stesso partito dell’uscente, sarebbe troppo azzardato per Meloni consentire una fredda sostituzione con un’altra personalità di partito. Sarebbe un salto nel buio troppo pericoloso. Peraltro, tra i due non corre buon sangue da anni.
Per quanto riguarda Emiliano Abramo, se il centrodestra volesse affidare l’immagine di compattezza all’attuale leader regionale di “Demos”, vicinissimo al parlamentare europeo Pietro Bartolo del Pd, significherebbe che si è giunti alla frutta ovvero a sfogliare la margherita. Insomma non si valorizzerebbe quella forza che il centrodestra sembrerebbe possedere in Sicilia.
Il livore manifestato finora nei confronti di Musumeci non si comprende e sembra effettivamente eccessivo, se non per il motivo che non ha fatto toccare palla ad esponenti politici locali. Certo, di “palle” l’attuale Presidente ne ha fatte girare tante alla maggioranza, si veda la ripartizione di alcuni incarichi di governo e sottogoverno non equamente distribuiti in seno ai partiti che hanno in mano la Triskele.
Al netto di quanto dichiarato all’opinione pubblica dagli alleati di governo e dal diretto interessato, non è facile giudicare e comprendere le reali motivazioni di tale avversione. Però un dato di fatto emerge palese: fino adesso il Presidente della Regione Siciliana non è mai stato sfiorato da alcuna indagine della magistratura. E non è cosa da poco per una terra difficile da amministrare come la Sicilia.
Rifiutare la seconda candidatura a un presidente uscente senza motivi ostativi importanti sembra un azzardo. Per molti versi addirittura un suicidio annunciato del centrodestra. Senza parlare delle possibilità che verrebbero date ai contendenti di altre coalizioni alla poltrona di Palazzo d’Orleans in campagna elettorale. Sarebbe semplice per le opposizioni affermare che il centrodestra ha fallito al punto da bloccare un ritorno in campo dell’uscente per evitare ulteriori disastri.
Sarebbe un bel problema per la coalizione fare digerire all’opinione pubblica una tale situazione e al contempo non perdere sostenitori. Più semplice cambiare schieramento o addirittura astenersi. Non è difficile da capire. In ogni caso la partita rimane aperta.
Fino a quando tutti non siederanno intorno a un tavolo reale sarà un’impresa ardua ascoltarsi e mediare tra le opposte richieste. La presidenza di una regione come quella siciliana non può essere lasciata solamente alle dinamiche d’ordine locale, perché gli sviluppi si ripercuoterebbero ineluttabilmente su diversi livelli, regionali e nazionali.