Sul tavolo bollente di Mario Draghi Ape sociale e Quota 100 che dovrebbero andare in “pensione” a fine anno. Per quanto riguarda Quota 41 la Corte dei Conti si è pronunciata considerandola costosa per le esauste casse dello Stato. Dunque quali saranno le contromisure considerando i soldi extra del Recovery Plan stanziati proprio per le priorità del comparto previdenziale?
Roma – La notizia non sarà clamorosa ma di certo assai inquietante. Dal prossimo anno tornerà l’incubo del Governo Monti e della riforma Fornero, entrambi tanto graditi in Europa. Sul tavolo di Draghi cade l’ennesima questione bollente.
Se ne parla da tempo ma sembra ormai imminente l’addio a “Quota 100“. Se non interverranno opportuni provvedimenti dal 1° gennaio 2022 si rischia lo scalone di 5 anni per il ritorno e la stabilizzazione della pensione di vecchiaia prevista dalla Legge Fornero a 67 anni di età.
Il dibattito prosegue intenso e irto di ostacoli e sotto la lente d’ingrandimento c’è la cosiddetta “Quota 41” per tutti, con flessibilità in uscita e prepensionamento che non penalizzi pesantemente i lavoratori. Certo l’elemento di confronto principale sono i costi per le esauste casse dello Stato ma confrontare le diverse proposte e soluzioni avanzate dai partiti diventa sempre più urgente. Per Quota 100, a cui si dirà addio il 31 dicembre 2021 se tutto andrà bene, ci vogliono 62 anni con 38 di contributi.
Mentre per Quota 41, che è la proposta di prepensionamento più caldeggiata, ovvero la soluzione alternativa che trova il maggiore numero di consensi, è estesa a tutti coloro che maturano almeno 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica. Un’idea che trova anche il favore dei sindacati e del leghista Claudio Durigon, Sottosegretario all’Economia.
La Corte dei Conti, però, considera Quota 41 troppo costosa per l’Erario. Meglio potrebbero andare le cose se si fissasse per tale misura un medio lasso di tempo con scadenza triennale, così com’è avvenuto per Quota 100. Insomma Quota 41 dovrebbe essere trasformata in una misura sperimentale. In tal modo si potrebbero inserire penalizzazioni e rendere la manovra più sostenibile in termini finanziari.
Ricordiamo che per il “Recovery Plan” l’UE ha messo a disposizione per l’Italia 14 miliardi di fondi extra a condizione di ridurre la spesa pensionistica, considerandola come priorità. Per avere un’idea il rapporto 2021 della Corte dei Conti mostra i dati aggiornati della spesa previdenziale:
Dal 2012 al 2020 il sistema delle deroghe ha registrato oltre 711mila pensionamenti anticipati, mentre questi trattamenti hanno costituito il 18,7% delle complessive pensioni erogate con un picco del 33,7% per Quota 100 (biennio 2019-2020). In definitiva rispetto al 2018, Quota 100 ha portato ad un risultato del -12%. Inutile, dunque, far finta di nulla perché la spesa previdenziale è un elemento critico per i conti pubblici. Difatti bisogna ridurla senza più rimandare.
Tra mille indiscrezioni e proposte fumose di concreto c’è ben poco. Il tavolo di confronto tra il ministro del Lavoro Andrea Orlando, le parti sociali e gli altri ministri competenti è in programma e dovrebbe partire a breve. Entro il 31 dicembre del 2021, peraltro, potrebbe uscire di scena anche l’Ape sociale che provocherà lo stop al “riposo anticipato” con 63 anni e 30 di contributi oppure 63 anni con 36 di contributi.
Insomma con Ape sociale e Quota 100 alla porta e senza proroghe da parte del governo resterebbe sul campo la “Fornero” nel pieno della sua attuazione. Senza ulteriori modifiche la situazione previdenziale si prospetta assai preoccupante e onerosa per tutti.