L’attuale situazione economica peggiora di giorno in giorno. Certe aziende, con la scusa di non alzare i prezzi, riducono il contenuto dei prodotti nelle confezioni. Una furbata che dovrebbe essere sanzionata severamente. Il nuovo governo dovrà intervenire senza ulteriori indugi. Il tunnel si fa sempre più lungo.
Roma – Siamo al collasso, per chi non l’avesse capito. Il protrarsi dell’aumento dei prezzi ci sta conducendo sull’orlo di una nuova crisi sociale e tale evento nefasto si registra dalla asimmetria con cui l’impatto degli aumenti colpisce i bilanci delle famiglie. I ceti più esposti e deboli stanno già tirando la cinghia, con le preoccupazioni e l’angoscia che gli togli tolgono il sonno. Ma alla porta bussa anche una nuova crisi economica che sarà peggiore di quella pandemica che sembrava superata con una seppur difficile ma tangibile ripartenza. In pratica l’aumento dei prezzi sta costringendo più di 6 italiani su 10 a ridurre i consumi di energia elettrica, il 57% quelli relativi allo shopping, il 56% i consumi di gas e il 54% le spese per attività culturali e di svago. Per non parlare di quelli che hanno ridotto anche il peso della borsa della spesa.
Una tendenza destinata a proseguire e in alcuni casi addirittura ad accentuarsi, almeno nell’immediato futuro, con la maggioranza degli italiani costretti a ridurre o evitare i consumi di luce e riscaldamento. In buona sostanza l’inflazione è una tassa che impatta in modo più pesante sui ceti più deboli. Nel ceto popolare il trend attuale è destinato a continuare nel tempo e se non si pone rimedio sarà una escalation di impoverimento, che farà saltare trasversalmente tutte le categorie sociali, anche quelle che riescono ancora a tenere in equilibrio la borsa familiare.
Ci saranno persino voci che comporteranno, presumibilmente, una contrazione della spesa, come per prodotti di elettronica che si sono sempre contraddistinti per l’interesse suscitato tra gli utenti. Ma adrano giù anche i prodotti di bellezza, scarpe, benzina e gasolio. Da alcuni report si osserva che la spesa alimentare, i salumi e la carne già guidano la classifica delle percentuali di chi dovrà rinunciarvi o ridurne il consumo, seguiti da pesce, formaggi e surgelati. Insomma, occorrono politiche pubbliche di emergenza coraggiose, perché il rischio è quello di un pericoloso avvitamento economico e sociale.
Peraltro sono tante le famiglie che con magistrale sapienza riescono a risparmiare con alcune strategie di acquisto, tipico dei nostri avi costretti dalle varie emergenze che si sono succedute in alcuni anni di tensione sociale e di insicurezza. Infatti molte persone hanno dichiarato di aver ridotto l’acquisto di prodotti superflui e di comprare soprattutto i prodotti in promozione, mentre nel frattempo si limitano al lumicino gli sprechi di cibo. Una strategia che si sta adottando, per chi ancora se lo può permettere, è quella di fare maggiori scorte di prodotti scontati, ovvero di cercare quelli più convenienti, anche se non abitualmente consumati.
Come si vede la cinghia comincia a non avere più fori per mantenere alta la dignità di una famiglia, per non parlare delle piccole e medie imprese, dei lavoratori autonomi che ormai sono costretti a delle scelte radicali per non coinvolgere quel patrimonio, a volte solo immobiliare, realizzato con tanti sforzi e sacrifici. Si consideri che molte aziende alimentari pur di non aumentare il costo dei prodotti hanno deciso di ridurre la quantità di quanto normalmente è contenuto in una confezione. Insomma una furbata che serve solo a prenderci tutti in giro.
Anche il rincaro record del prezzo del gas raggiunto ad agosto, a causa dei tagli delle forniture dalla Russia, ci iforma che la resilienza dell’industria è alle corde. Pertanto questo scenario vira al ribasso, peggiorato da un’inflazione record che erode il reddito delle famiglie e minaccia i consumi. Peraltro alcuni esperti affermano che la Bce ha risposto a prezzi elevati, con l’euro debole, alzando i tassi, che determineranno quindi un ulteriore impulso recessivo.