L’allievo parà della caserma Gamerra di Pisa non si era suicidato. I “nonni”, dopo violenze e umiliazioni, l’avrebbero costretto a gettarsi dalla torre dopo avergli pestato le mani con gli anfibi. Adesso spetta alla magistratura fare giustizia per quel ragazzo generoso e solare morto strappato agli affetti familiari ventitré anni fa.
Pisa – Dopo 23 anni è iniziato il processo a carico dei presunti responsabili della morte di Emanuele Scieri, detto Lele, l’allievo paracadutista della Folgore ritrovato cadavere nella caserma Gamerra il 16 agosto 1999. Il 4 aprile scorso si è tenuta la prima udienza tecnica mentre si entrerà nel vivo del procedimento penale il prossimo 7 maggio con la seconda udienza già calendarizzata come le altre a venire.
È stata presentata una lista di circa 100 testimoni mentre l’avvocatura dello Stato rappresenterà il ministero della Difesa come responsabile civile. Saranno ascoltati entrambi gli imputati, Alessandro Panella e Luigi Zabara, commilitoni di Lele, e la famiglia della vittima, presente in aula con il fratello Francesco e la madre Isabella Guarino.
Il 4 aprile degli imputati era presente soltanto Zabara che ha avuto modo di esternare la propria innocenza: ”…Posso solo dire che in questi anni nessuno tra i media ha coltivato il dubbio che io possa essere innocente – ha detto l’uomo – e invece fino a prova contraria lo sono…“.
Già nel settembre scorso il giudice per le udienze preliminari Pietro Murano confermava che Lele era stato ucciso. Nella vicenda soltanto i due ex caporali Panella e Zabara sono stati rinviati a giudizio per omicidio volontario aggravato mentre il maggiore indiziato per la morte di Lele, l’ex caporale Andrea Antico, per il quale il procuratore Alessandro Crini aveva chiesto una condanna a 18 anni, è stato prosciolto per non aver commesso il fatto assieme al generale Enrico Celentano, per il quale erano stati chiesti 4 anni di reclusione per favoreggiamento come per l’ex aiutante maggiore Salvatore Romondia, entrambi assolti in abbreviato perché il fatto non sussiste.
Emanuele Scieri, 26 anni, siracusano di nascita, dopo il corso presso il Centro addestramento reclute veniva trasferito nella caserma Gamerra di Pisa il 13 agosto del 1999. Dopo la libera uscita e insieme ad altri militari Lele faceva rientro in caserma alle 22.15 recandosi in camerata. Alle 23.15 il soldato siciliano non rispondeva al contrappello. Nonostante diversi colleghi riferiscano al graduato di turno che Scieri era tornato in caserma, il militare risulterà assente in branda. Il povero Scieri, probabilmente, era già morto o agonizzante ai piedi della scala di una torre di asciugatura dei paracadute, luogo dove si recavano spesso gli anziani della Folgore.
Il cadavere del giovane verrà ritrovato il 16 agosto ovvero tre giorni dopo la tragedia. Seguiranno le indagini ed una prima archiviazione per suicidio. Nel 2018, a indagini riaperte, la Procura di Pisa spiccava un ordine di custodia cautelare per Alessandro Panella, caporale e capo camerata di Scieri, mentre risulteranno solo indagati Antico e Zabara. Successivamente accadrà un po’ di tutto nella complicata vicenda in cui non sono mancati depistaggi e coperture. Secondo la Commissione parlamentare d’inchiesta, istituita nel 2016 e poi sciolta nel dicembre 2017, nella caserma toscana vigeva una “disciplina parallela” e “avvenivano gravi atti di violenza, non riconducibili a semplice goliardia”.
La tesi dell’accusa è chiara: la sera del 13 agosto 1999 i tre indagati, dopo aver costretto a spogliarsi e picchiato Scieri, lo avrebbero obbligato a salire sulla torre di asciugatura per poi esercitare pressione con gli scarponi sulle nocche delle dita della vittima. Di qui la caduta a terra della recluta, la morte di Scieri e la fuga dei caporali. Il resto sono anni di tira e molla, di giochi al rimpiattino sino al rito abbreviato del settembre scorso con il rinvio a giudizio dei due imputati e l’assoluzione per gli altri tre:
”…Un altro elemento importantissimo già intuito alla lettura del dispositivo – avevano dichiarato i legali della famiglia Scieri, avvocati Ivan Albo e Alessandra Furnari, dopo il precedente giudizio abbreviato – è che Antico, a differenza di Romondia e Celentano, è stato assolto per non aver commesso il fatto, ovvero per non essere stata raggiunta, oltre ogni ragionevole dubbio, la prova della sua partecipazione al fatto. Riteniamo che non sia stato valutato correttamente il panorama probatorio. Faremo la nostra richiesta sollecitando l’appello, ci sono punti oscuri…”.