La povertà, sempre più diffusa, è in netto aumento. Crisi, pandemia, guerra, speculazioni hanno ridotto il nostro Paese sul lastrico. E dire che Mario Draghi avrebbe dovuto rimettere le cose a posto. Certo che la compagine politica che si è trovata davanti è una delle peggiori degli ultimi anni ma non è una scusante. In autunno la resa dei conti.
Roma – Finita l’estate saranno dolori. Lo stato di disagio per famiglie e imprese aumenta, si prevede infatti un autunno caldo e davvero pericoloso. Ci sarà un vero e proprio tsunami sulle bollette mai visto prima. Il problema non è trascurabile e men che meno da sottovalutare.
Per questi gravissimi motivi sarebbe indispensabile un intervento straordinario proprio al fine di evitare una situazione di ulteriore pesantezza economica che potrebbe provocare grossi problemi sociali. Specie se il Covid tornerà a farsi sentire in maniera massiccia con la paura di restrizioni ed una nuova forma di Green-pass che si aggiungerebbe all’obbligo vaccinale radicale.
Certamente il Bel Paese non si può permettere di aspettare l’esito della discussione di ottobre presso il Consiglio europeo. Le famiglie d’altronde non arrivano che alla prima decade del mese e molte aziende stanno per chiudere i battenti.
Insomma serve subito un piano organico per salvaguardare famiglie e imprese dall’impressionante aumento dei costi delle materie prime e delle filiere di distribuzione. Anni di crisi prima, due e più di pandemia dopo hanno stremato l’economia, poi è intervenuta la guerra in Ucraina. L’inevitabile risultato è che le speranze di ripresa si stanno riducendo al lumicino. Qualora mai ci sarà una vera ripartenza.
Le condizioni sociali sono diverse ma i problemi identici. Consentire al Paese di risalire la china è il dilemma che dovrebbe ossessionare tutti i politici, nessuno escluso. Invece si continuano a proporre ricette economiche che hanno tanto il sapore di riscoprire antiche battaglie identitarie con un retrogusto amaro.
La svolta green, per esempio, deve anche essere verificata con attenzione sui possibili sviluppi sull’industria italiana. Cioè bisogna conoscere e prevedere bene i costi di certe scelte.
Determinate sfide ambientali devono quindi armonizzarsi con le istanze di un’industria che deve rimanere competitiva e non succube di alcuni Paesi dell’Est come la Cina. Il vero punto nodale e lo stridente limite consistono nel fatto che la classe politica vuole massimizzare i consensi nell’ottica dell’attuale legislatura e delle prossime elezioni, senza osservare bene come potrà ridursi l’Italia nel lungo periodo.
È chiaro che in tal modo il conto salato lo pagheranno le future generazioni. In ogni caso sembra irresponsabile il comportamento politico di chi, con un governo che ha scadenza naturale a breve termine, tenta manovre di palazzo per indebolire l’alleato solo per avere la supremazia di alcuni dossier.
Guardando da un lato la scissione nel M5s e dall’altro la Lega, alle prese con la diversità di linee politiche interne, sono tanti i punti di non ritorno che suggeriscono maggiore condivisione, rigore ed idee chiare. Nel frattempo, un occhio è rivolto ai sondaggi per capire l’orientamento dei potenziali elettori.
Le statistiche ci fanno vedere Fratelli d’Italia stabilmente in testa con il 22,5% dei consensi virtuali, mentre il Pd guadagna quasi mezzo punto, portandosi al 21,8%. Scende invece la Lega al 14,5%. Crollo dei pentastellati ora al 10,7%. IPF di Di Maio varrebbe tra l’1-1,5% a un massimo del 3% almeno secondo le poche rilevazioni effettuate.
Tutte le altre liste rimangono sostanzialmente stabili. Le oscillazioni, in positivo o in negativo, non vanno oltre lo 0,3%, quindi sono ben poco significative dal punto di vista statistico. Quel che si
rileva è che, con l’incombente fine legislatura, il centro politico tende ad affollarsi di nuove proposte. I partiti dovranno comunque fare i conti con una possibile modifica della legge elettorale, che aleggia su di essi come una spada di Damocle.
Se dovesse essere varata una riforma di stampo proporzionale con soglia di sbarramento, saranno in molti a dover rivedere le proprie strategie in vista delle prossime elezioni politiche. Il dato più equivoco è rappresentato dal tentativo di dare consistenza agli scissionisti capitanati da Di Maio.
Non avendo ancora avuto una riprova ufficiale alle urne, pare inconsistente rilevare dati statistici in base ad ipotetiche alleanze ballerine. Bisogna poi fare i conti con il crescente astensionismo che potrebbe mettere a rischio le politiche. C’è poco da scherzare.