Se non ci fossero state associazioni e sodalizi di solidarietà sociale la pandemia avrebbe avuto ricadute nefaste ben più gravi. Si tratta di un esercito di volontari che opera in centinaia di strutture impegnate a sollevare il disagio dei cittadini più poveri, gli ultimi, i dimenticati. Dopo i due anni di “passione” una moltitudine di persone, che aumenta sempre di più, si rivolge al Terzo settore per sopravvivere. Mentre la politica pensa a conservarsi gli scranni.
Roma – Uno degli aspetti più nefasti dell’emergenza sanitaria conseguente al Covid 19 è la creazione di fratture profonde nella nostra società. Le persone vulnerabili lo sono ancora di più. Come sempre è il cosiddetto Terzo Settore a dover sopperire alle necessità dei più deboli, in particolare fronteggiando gli effetti di esclusione sociale e precarizzazione della comunità, ingigantiti dalla pandemia.
Quando si parla di Terzo Settore ci si riferisce a una moltitudine di enti, organizzazioni e associazioni con strutture e scopi diversi ma con alcuni punti in comune: personalità giuridica no profit, non governativi (pur collaborando spesso con organismi di governo) e con finalità socio-assistenziale. In sostanza il Ts è un sistema sociale ed economico che, affiancando le istituzioni pubbliche, agisce in diversi ambiti. Dalla difesa dell’ambiente all’assistenza alla disabilità, dalla tutela del bene comune alla promozione culturale, dalle attività sportive dilettantistiche ai servizi socio-sanitari.
Nel sistema economico e sociale sono tre le aree di competenza. Il primo settore dove lo Stato, la Pubblica Amministrazione e gli enti locali svolgono un ruolo di diretta gestione, erogazione e/o produzione dei servizi; il secondo settore di mercato, quello dei privati, quindi mosso da logiche di produzione e profitto economico; infine detto comparto sociale, che con il suo insieme di associazioni, cooperative sociali, fondazioni e quant’altro, svolge attività di assistenza e all’interno di una cornice di regole pubbliche, senza scopo di lucro.
La crisi sociale, consequenziale alla crisi sanitaria, ha evidenziato l’indispensabilità delle prestazioni assistenziali e la necessità che vengano potenziate. Il terzo settore ha sostenuto nell’emergenza le categorie fragili con interventi di contrasto ai fenomeni di povertà ed emarginazione sociale. Le organizzazioni di volontariato e le imprese sociali si sono dovute adeguare a nuovi obblighi e ciò le ha spinte a introdurre innovazioni nei propri modelli organizzativi. Si è dunque sentita l’esigenza di codificarne più precisamente le attività.
La recente riforma del 2021 prevede un articolato sistema di incentivi e finanziamenti per le attività di interesse generale e ha normato in un solo testo tutte le tipologie di organizzazioni denominate “enti del terzo settore” (Ets). Sono state individuate 26 aree di intervento basilari in cui operano associazioni, enti o fondazioni, accomunati dall’iscrizione al registro unico nazionale del terzo settore, il cosiddetto Runts, e che svolgono attività di interesse generale in forma di mutualità, volontarietà o di produzione e scambio di beni e servizi perseguendo finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale senza scopo di lucro.
Tuttavia esiste un’altra faccia della medaglia, quella dei raggiri all’ombra del Ts. Nel nostro Bel Paese le truffe delle finte organizzazioni no profit ai danni dello Stato o delle donazioni di ignari privati cittadini si sprecano. I “furbetti della beneficenza” sono astuti imprenditori privi di scrupoli che si servono delle onlus per evadere il fisco o ripulire il denaro. Approfittatori amorali che sfruttano un terreno fertile per trarre indebitamente vantaggio a scapito dei più bisognosi: disabili, minori in difficoltà, anziani. Diffidare è d’obbligo.