Lo piangono migliaia di persone ma per altri, i politici corrotti e solidali con la criminalità più bieca, rappresentava un ostacolo da eliminare. Tutu vedeva un Sudafrica diverso dove il colore della pelle si sarebbe trasformato in un dettaglio insignificante. Novant’anni spesi per il suo Paese nell’interesse della collettività africana.
Roma – Ci vuole un grande coraggio per pilotare un rompighiaccio di idee. Questo coraggio all’arcivescovo anglicano Desmond Tutu non è mai mancato, specie nell’affrontare i temi più difficili e le storture di una nazione complessa come il Sudafrica.
La parola Apartheid, di cui ha sofferto per decenni il Sudafrica, se srotolata nel suo significato ha un’origine da far accapponare la pelle. Il termine definisce infatti le discriminazioni tra gli abitanti che convivono in uno stesso Paese.
Nel momento peggiore dell’Apartheid sudafricano Tutu, nel contrastare l’egemonia dei bianchi, riusciva a ironizzare benevolmente su identità e razzismo, mitigando ogni acrimonia e violenza. È sua la famosa frase: “…Siate gentili con i bianchi. Hanno bisogno di voi per riscoprire la propria umanità…”, indirizzata ai suoi connazionali in ambasce.
Il razzismo è a tutt’oggi un argomento controverso e ancora tutt’altro che superato: Black Lives Matter, Cancel culture (cultura del boicottaggio), violenze, portano alla ribalta un tema che in molti Paesi è ancora oggetto di dibattito. Così come la ricchezza e il genere, infatti, anche il colore della pelle può offuscare la consapevolezza e il senso di umanità di coloro che si avvantaggiano dell’appartenenza a categorie storicamente privilegiate.
Tutu non si limitò a combattere l’Apartheid ma fece sue innumerevoli battaglie su vari fronti. Era infatti un veggente a tutto tondo e, tra i primi, evidenziò il problema del cambiamento climatico in Africa. Già nel 2015 Tutu si pronunciò pubblicamente sull’argomento, definendolo una delle più grandi sfide morali del nostro tempo, inoltrando una petizione all’allora presidente americano Obama e al segretario Onu.
Tutu inoltre aveva idee democratiche ed avanzate che lo portavano a vigilare sull’emancipazione della nazione arcobaleno, come era stato rinominato il Sudafrica, in quanto luogo di evoluzione di molte culture diverse.
Non aveva paura di mettersi contro i potenti fustigando l’ANC (Congresso Nazionale Africano) al potere, denunciandone nepotismo e corruzione durante la presidenza di Jacob Zuma, quando agli inizi era ancora un leader forte e benvoluto. Nel 2018 Zuma è stato scalzato e poi condannato per le sue malefatte, specie d’ordine sociale. Desmond Tutu ha inoltre condotto diverse battaglie per contrastare atteggiamenti anti-gay, ancora molto diffusi in particolare laddove l’omosessualità è stata messa al bando.
Tutu è conosciuto anche come promotore della riconciliazione. Venne infatti insignito del Nobel per la Pace nel 1984 per la sua campagna di opposizione non violenta contro il Governo della minoranza bianca in Sudafrica.
La sua morte a 90 anni ci rattrista ma c’è una cosa di cui il Sudafrica può andare fiero: nessuno come Desmond Tutu è mai stato al servizio del Paese sacrificando la propria vita nell’interesse dei suoi connazionali. I suoi insegnamenti rappresentano il futuro del terzo continente più vasto del mondo.