Conte e Grillo, almeno all’apparenza, vivacizzano l’atmosfera politica già bollente per la scadenza del blocco dei licenziamenti che pare prosegua soltanto per i comparti più danneggiati dalla pandemia. I pentastellati a breve decideranno la loro sorte che per Matteo Renzi è inevitabilmente segnata. Ma chi può dirlo?
Roma – Il M5s traballa e potrebbe cadere nell’oblio più assoluto da un momento all’altro. Giuseppe Conte è pronto a lasciare il Movimento nelle mani del cofondatore Beppe Grillo che desidera come timoniere il ministro Luigi Di Maio. Fino a qualche mese addietro sembrava tutto concordato fra i due “galli” nel pollaio.
Anzi era stato l’ex Premier che si era riservato di decidere. Una volta fatta la scelta tutti i grillini erano pronti al decollo e ben disposti alla novità di un partito rifatto dalle fondamenta. Ma l’avvocato, almeno in apparenza stanco del comico genovese diffidente e sospettoso, è stato lapidario nello snocciolare che cosa ne pensa della situazione:
“…Una forza politica che ambisce a guidare il Paese non può affidarsi a una leadership dimezzata – ha detto Conte in conferenza stampa – sono stato descritto spesso come uomo delle mediazioni, anche da voi giornalisti, ma su questo aspetto non possono esservi mediazioni, serve una leadership forte e solida, una diarchia non può essere funzionale, non ci può essere un leader ombra affiancato da un prestanome e in ogni caso non posso essere io quel prestanome...”.
Così si è espresso l’ex Presidente del Consiglio che, parlando in una diretta stampa dopo gli ultimi giorni che hanno segnato una profonda spaccatura all’interno del M5s, ha lanciato la sua proposta. Dovranno essere tutti i componenti del partito ad esprimersi con un voto sul nuovo assetto del partito che ha visto Beppe Grillo contrario sui più significativi punti costitutivi.
L’invito di Conte a tutti i grillini è quello di non rimanere spettatori passivi in questo processo evolutivo ma di partecipare ad una valutazione sincera di questa proposta di statuto. Insomma o si, o no. E siccome le diversità evidenziate da Grillo permangono l’ex Premier ha deciso di rendere pubblico il regolamento e le divergenze che hanno determinato la frattura con il Garante ligure.
In effetti le condizioni imprescindibili riguardano anche il controllo della comunicazione. In questo senso Conte chiede a Grillo di fare un passo di lato o, meglio, mettersi da parte. Spetta a lui decidere se essere il genitore generoso che lascia crescere la sua creatura in autonomia o il genitore padrone che ne contrasta la crescita.
Peraltro per Grillo non è stato mai messo in discussione il ruolo di Garante ma, ha affermato Conte, ci deve essere una chiara distinzione tra il “fideiussore” e gli organi di politica attiva, il cui vertice spetta al leader politico.
Se mancasse questa differenza dopo la partenza ci si schianterebbe alla prima curva. Come è già successo. Tanti i profeti delle disgrazie altrui che hanno rilasciato commenti duri e irriverenti sulla situazione che stanno vivendo i pentastellati. Fra questi Matteo Renzi il quale crede che il Movimento 5 stelle sia “morto e destinato a scomparire”.
Secondo il leader di Italia Viva, tornato alla ribalta dopo un conveniente letargo, i grillini non assicurano più una prospettiva o una vera rivoluzione al proprio elettorato. Il partito di Grillo, infatti, ha cambiato idea su tutto superando anche il concetto di ideologia di un gruppo politico.
Infatti il M5s, che ha perduto strada facendo gli elettori storici, ha governato con tre schieramenti diversi, di cui uno ancora ben saldo sugli scranni di Camera e Senato. La posizione di Giuseppe Conte, che ha assicurato di non avere in mente di battezzare un proprio partito ex novo, nasce da un ragionamento secondo cui, dopo la fase di crescita del Movimento, oggi si rischia di entrare in una fase di immediato declino, salvo un rilancio programmato e radicale dell’intera impalcatura politica. Come dargli torto?