In questo momento di estrema crisi e di manifesta fragilità del Bel Paese, mai uscito dalla crisi economica provocata prima dalla pandemia e poi dalle speculazioni sull’energia e carburanti, i leader politici pensano ai propri interessi abbandonando gli italiani al triste destino che li attende. Le riforme sono al palo mentre la soglia di povertà aumenta e le imprese chiudono i battenti.
Roma _ Sul versante sanitario la variante Omicron2 continua a diffondersi, smorzando gli entusiasmi di quanti credevano già cessata ogni emergenza sanitaria. Palpabile, invece, il malessere della sinistra, in imbarazzo, per le assenze di tanti esponenti del M5s alla video conferenza di Zelens’kyj, mentre fa discutere la posizione del redivivo Massimo D’Alema sulla presunta intermediazione per la vendita di armi alla Colombia, con la complicità di Fincantieri e Leonardo. Uno scandalo tutto italiano.
Le indagini sono state avviate, al vaglio alcune registrazioni telefoniche, ma l’ex dirigente del Pd smentisce ogni sua responsabilità ed interesse economico nella trattativa non conclusa. Intanto la riforma elettorale attende nel cassetto mentre Di Maio e Letta non vedono l’ora di fornire armi all’Ucraina, nonostante la nostra Costituzione reciti tutt’altro. Ma tant’è.
Per il freno alla legge elettorale qualche colpa ricade anche sul centrodestra che, con il vento in poppa, non intende rischiare un cambio della normativa in senso proporzionale, prima di vedere come andranno a finire le elezioni amministrative di maggio. Quindi tutto fermo fino a nuovo ordine e possibilmente anche dopo. Questa è l’aria che tira, dopo un voto in Commissione su una provvedimento finalizzato ad uniformare le circoscrizioni di Camera e Senato passato solo con i voti giallorossi.
Una riforma radicale delle votazioni potrebbe prefigurare il proporzionale. Ma prima di vedere i numeri che usciranno dalle urne di primavera, il blocco dei partiti di destra non ritiene di innescare un percorso verso un sistema proporzionale, che consenta ad ognuno di correre per conto suo. Rinunciando così al vantaggio delle coalizioni forzate indotte dal sistema attuale, il rosatellum, che favorirebbe a quanto pare la vittoria di candidati del centrodestra in un terzo dei collegi. Purché la coalizione, lo ripetiamo, diventi realtà.
Insomma parlare di riforma elettorale, in questi momenti, è come sentire Salvini che si dichiara contrario all’invio di armi all’Ucraina, dopo una campagna elettorale a supporto della “legittima difesa” invocando l’uso delle armi soprattutto in casa e nelle pertinenze del domicilio in caso di aggressioni esterne.
Il Capitano diventa sempre più inaffidabile e incoerente ma ciò che indigna di più è l’evocazione del “suo” concetto di pace. Certo condivisibile e da trasformare in azioni concrete ma sganciato dalle dichiarazioni da parata e dalle strumentalizzazioni del capo del Carroccio che continua a dispensare a tutto spiano come se tutti gli italiani fossero autentici rimbambiti. Senza sapere che gran parte della popolazione comprende molto bene le prese per i fondelli.
Nel frattempo, in Sicilia, l’atmosfera elettorale è quella dagli esiti incerti, con i partiti di destra, centro e sinistra che sondano coalizioni azzardate e zeppe di incognite. Un gioco a scacchi che serve solo a distrarre dai veri problemi amministrativi che ancora attendono soluzione. E sono tanti.
Gli “onorevoli” siculi hanno occhi e orecchie solo per la campagna elettorale, con i soliti voltagabbana che tentano di saltare da un partito all’altro, sperando di essere eletti e rieletti. Non mancheranno infatti le solite liste civiche, per tentare di distrarre gli elettori da sigle di partiti corresponsabili di tanto degrado, sofferenza e grossi problemi per tutti i siciliani.
Matteo Salvini, intanto, cerca di lanciare la federazione di centrodestra alle amministrative siciliane con una lista denominata “Prima l’Italia”, un ibrido che dovrebbe accogliere vari esponenti del centrodestra, tra cui autonomisti, centristi e civici di area.
Sono le prime prove di leadership che il leader del Carroccio, dopo l’incoronazione di Berlusconi, tenta di mettere in atto per allargare il più possibile il perimetro del centrodestra, onde arginare l’indifferenza al progetto da parte di FdI sempre più auto-emarginato. FI però smentisce, affermando che si tratta di una lista che riguarda solo la Lega. Ma i pinocchi si sa, non dicono mai di esserlo.
Da Palermo a Catania dove è maturata la “sofferta” decisione di dimettersi da parte di Salvo Pogliese (FdI), sindaco di Catania, dopo l’altalena di ricorsi e sospensioni che si sono alternati negli anni a causa della legge Severino, per la vicenda della condanna in primo grado per peculato a causa delle “spese pazze all’Ars”.
Dunque il campo è libero e sia a destra che a sinistra il pallottoliere delle candidature si è messo in moto, senza però alcuna novità degna di rilievo. Chi si farà avanti per la poltrona di Palazzo degli Elefanti?