Il provvedimento del governo Draghi prevede contributi economici a pioggia ma non bilanciati da adeguati tagli ai debiti con il fisco. Lo stato cede da un lato e prende dall'altro con il solito risultato: nulla di fatto.
Roma – Ultimi ritocchi al tanto sospirato decreto Sostegni che Mario Draghi vorrebbe approvare entro questa settimana. Addirittura entro oggi per poi presentare il provvedimento in conferenza stampa. Proprio per accelerare l’iter di un provvedimento tanto atteso, il premier ha convocato un vertice con i partiti per condividerne i contenuti.
Il principale nodo riguarda lo stralcio delle cartelle esattoriali dal 2005 al 2015. La Lega avrebbe voluto fissare il tetto massimo a 10mila euro ma poi sarebbe sopravvenuta una diminuzione a 5mila euro a seguito delle obiezioni espresse da Pd e Leu. A questo punto la Lega ha dovuto “capitolare” come sta facendo, del resto, anche su altri argomenti.
Il vero problema però rimane sempre lo stesso: coloro i quali si mostrano entusiasti del decreto Sostegni sembrano non avere la reale percezione del grande disagio in cui versano gli italiani. Infatti è davvero assurdo pensare di legiferare con un approccio ideologico, dunque distante dalla realtà anni luce, solo perché potrebbero beneficiare delle agevolazioni imprenditori e professionisti.
Categorie, queste ultime, che solo teoricamente non avrebbero la necessità di sostegno economico. In ogni caso ad alzare il livello di tensione sul perimetro del decreto in approvazione sono stati i sindacati. Infatti pur di difendere gli interessi di categoria i rappresentanti dei lavoratori si allontanano sempre di più dal mondo economico in grande difficoltà.
Nessuno sembra avere bene in mente la realtà del momento: centinaia di imprese sono votate al fallimento ed in procinto di provocare un vuoto occupazionale senza precedenti. In questi difficilissimi frangenti occorre, senza altri indugi, azzerare ogni carico fiscale ed esattoriale, con la cancellazione integrale dei vecchi debiti con il fisco. Senza prevedere una soglia massima.
Cosi da eliminare tutti i crediti inesigibili senza alcuna possibilità di riscossione. Manca il coraggio di fare tutto questo ma se il nuovo governo non è pronto a rischiare adesso non lo farà mai più. Ci vuole una botta di coraggio, domani potrebbe essere troppo tardi. In subordine potrebbe andare meno peggio un repulisti generale del “magazzino della riscossione” ovvero i ruoli collegati a imprese fallite o soggetti defunti e nullatenenti. Ma occorre ben altro per risollevare le sorti della finanza nostrana.
Le attese degli operatori economici, già duramente compromessi da un lungo periodo di misure restrittive e privati dei promessi aiuti statali mai arrivati, si sono decisamente intensificate con l’Italia semichiusa da lunedì scorso fino a dopo Pasqua.
Invece pare si stia facendo tutto l’opposto mentre torna alla ribalta il solito, vecchio tormentone del contrasto all’evasione fiscale che si dovrebbe combattere con le tecnologie digitali per poi avviare la riforma fiscale senza ricorrere a mascherati condoni fiscali. Questa, per sommi capi, è la proposta dei segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri, i quali su questi temi hanno chiesto un incontro con il premier.
Anche per questo il capo del Governo ha chiesto a tutti i presenti al vertice un impegno a non alimentare polemiche sterili e non rilasciare dichiarazioni su un provvedimento così atteso e gravato da un notevole ritardo. Le “presunte” perplessità dei sindacati sono condivise da Leu, nonostante i toni distensivi all’uscita dal tavolo convocato da Draghi:
“…Saremmo contrari a una norma erga omnes – spiegano i vertici di Liberi e Uguali – in quanto occorre aiutare solo chi ha avuto perdite di reddito o di fatturato dovute alla pandemia...”.
Comunque stiano le cose gli stessi Leu non chiudono allo stralcio, anche delle cartelle datate dal 2005 al 2015, ma con precisi paletti che non permettono di favorire i soliti “furbetti”. Nessuna parte politica intende alzare barricate ad oltranza, pertanto l’impressione è quella che un accordo si troverà in ogni caso e la questione dello stralcio non sarà certo motivo di rinvio per il tanto atteso provvedimento.
Gli interventi per sostenere l’economia riguardano ristori per 3 milioni di imprese e partite Iva, 5 miliardi per i vaccini, 1 miliardo per il reddito di cittadinanza e 10 miliardi per la cassa integrazione nonché la proroga del blocco dei licenziamenti almeno sino a giugno. L’indennizzo a fondo perduto del costo complessivo di 11 miliardi verrà, comunque, parametrato sulla media della perdita mensile tra annualità 2019 e 2020, risarcendo dal 60% al 20% per fasce fino a 10 milioni di fatturato.
Il decreto prevede inoltre 600 milioni per il “fondo Montagna” e 1,5mld per rafforzare il fondo per gli autonomi e liberi professionisti previsto in legge di bilancio. Estesa fino ad ottobre la Cig ordinaria. Il decreto stanzia anche 400 milioni per il fondo occupazione.
Inoltre tra le altre voci di spesa sono presenti 170 milioni da destinare al fondo per il trasporto aereo, nonché 1,5mld per i lavoratori stagionali, con un’indennità pari a 2.400 euro forfettari. Viene inoltre rifinanziato il Reddito di Cittadinanza (si spera con regole differenti per il controllo degli effettivi aventi diritto) con 1 miliardo in più previsto a causa dell’ampliamento della platea.
Anche per il Reddito di Emergenza è prevista una forbice più ampia con interventi che si stanno perfezionando. Sul fronte vaccini l’Ema ha valutato l’AstraZeneca efficace e sicuro dunque il piano vaccinale continuerà a ritmo serrato.
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