Il presidente Mattarella ha avuto parole di incoraggiamento per gli italiani ma anche di sfida per la politica nostrana. C'è bisogno di ricostruire sul serio con i fatti utilizzando i salvavita come vaccini e fondi europei.
Roma – Il discorso di fine anno del presidente Mattarella ha colpito la sensibilità degli italiani e quella del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Il premier ha infatti espresso il suo più vivo apprezzamento per le parole del capo dello Stato dalle quale traspare “il grande orgoglio per la strada che la nostra comunità è riuscita a percorrere in un periodo così buio e difficile per l’Italia.”
Importante anche il richiamo alla “memoria di quel che si è vissuto per onorare le vite dei nostri cari” e, soprattutto, per porre le basi della ripresa. Come si fa d’altronde a non conservare il ricordo di un 2020, triste e pauroso, per la catastrofe che si è abbattuta, come una tremenda scossa tellurica, su milioni e milioni di vite umane devastando speranze e futuro.
Quante vite si sono spente, improvvisamente, di conoscenti, amici, colleghi e familiari nella tristezza della solitudine. Conserveremo il ricordo nei nostri cuori. Ora però comincia la ricostruzione di una comunità che, sino adesso, ha mostrato di sapere reagire, anche tra critiche e delusioni, davanti alla pericolosa, o meglio “contagiosa”, convivenza.
L’avere perduto il piacere del contatto epidermico non ha influito sul senso di responsabilità e speranza per un futuro da immaginare, progettare e realizzare. Con i piedi per terra si riparte da noi stessi. Il presente ci attende. Perché da ciò che inizieremo a fare oggi dipenderà il nostro futuro.
Nessuna scusa potrà mai bloccare, semmai ritardare, lo sviluppo sociale necessario ad assicurare coesione. Non ci potranno essere alibi né scuse, e nemmeno il più malefico dei virus, in grado di impedirci di rimontare in sella, con maggiore equilibrio e consapevolezza. Ecco perché Conte afferma che questo nuovo anno dovrà aprirsi con fiducia, speranza e responsabilità.
Le stesse che, come ha ricordato Mattarella, dovranno infonderci la consapevolezza che ognuno di noi dipende dagli altri. Tra i tanti passaggi del discorso quello più significativo per il presidente del Consiglio è stato quando Mattarella ha ricordato gli sforzi profusi dal nostro Paese per promuovere una solidarietà europea contro questa emergenza.
Mentre il grande merito dell’Unione Europea, secondo il capo dello Stato, è stato quello di non aver mancato il suo appuntamento con la storia. In sostanza è stata la solidarietà, nazionale e internazionale, a portarci ad “aprire le porte della rinascita”. Ora, però, ci aspetta un compito ben più arduo e che consiste nel riuscire a rimanere, anche nella diversità, coesi, rigorosi e pragmatici.
Bisogna, oltre ogni steccato ideologico, riuscire ad utilizzare rapidamente e al meglio, le risorse utili a sostenere le persone più colpite da questa crisi, nella consapevolezza che “ora è il tempo dei costruttori”. Il messaggio del presidente della Repubblica è chiaro e indirizzato anche alla politica.
Concetti netti e trasparenti che arrivano in un momento fondamentale non solo perché siamo alla fine dell’anno della pandemia. Ma anche e soprattutto perché l’esecutivo di Giuseppe Conte è messo sotto pressione da Matteo Renzi, alla vigilia di quello che per Mattarella deve essere l’anno della ripartenza.
Così nell’ultima conversazione del suo mandato l’invito esplicito è “impegno”, in sostanza un richiamo al Parlamento, alla scienza, ai ricercatori e all’Europa. Con lucidità ed estrema comprensibilità Sergio Mattarella ha indicato i due pilastri che permetteranno di uscire dal tunnel della malattia: i vaccini e l’aiuto economico comunitario.
Tutte le parti sociali ed i leader di partito hanno condiviso nonostante alcuni abbiano ritenuto che le parole di Mattarella siano state soltanto un sermone paterno finalizzato a non perdere tempo con i cattivi ricordi. L’Italia ha bisogno di pacificatori, non di demolitori. Un bivio, basta scegliere.
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