Il Piano Mattei al G7: l’Africa chiede un cambio di passo, mano tesa dei “Grandi”

A Borgo Egnazia sessione dedicata al continente africano che ha raccolto ampio sostegno e condivisione dai leader sull’approccio italiano.

Brindisi – La presidenza italiana del G7 ha voluto con forza aprire il summit di Borgo Egnazia con una
sessione dedicata all’Africa e dai partner ha “raccolto ampio sostegno, ampia condivisione” sul piano Mattei e sull’approccio italiano “che sta dando i suoi frutti”. Al termine della prima giornata di lavori Giorgia Meloni mette così il sigillo a quella iniziativa che da subito aveva voluto trainante del summit in Puglia. L’Italia vuole farsi promotrice fra i Sette Grandi – con la premer che aprendo i lavori va dritta al punto – nell’affermare che “l’Africa ci chiede un approccio diverso da quello che spesso abbiamo dimostrato in passato”.

Parole che Meloni scandisce ai partner, forte di una granitica convinzione sull’efficacia del ‘Piano Mattei’ varato dal suo governo. Perché “all’Africa, ma non solo all’Africa, è legata un’altra questione fondamentale che l’Italia ha messo al centro della sua presidenza, la questione delle migrazioni”, rimarca Meloni, proponendo così la sua lettura su un tema che, in modi diversi, è nell’agenda di molti leader seduti attorno al grande tavolo di ulivo a Borgo Egnazia. Il Piano Mattei per l’Africa, era stato presentato a fine gennaio a Palazzo Madama. In uno scenario è allarmante, tra le minacce del cibo sintetico che avanza, e la rivolta dei trattori che attraversava l’Europa. E poi la grande anomalia evidenziata dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida del continente africano che “ha il 60% delle terre arabili, la forza lavoro più giovane del mondo, ma non è in grado di essere autosufficiente a livello alimentare”.

L’opera di convincimento di Lollobrigida e del governo Meloni ha voluto essere quella di spingere l’Europa e i Paesi del G7 a guardare all’Africa come una grande potenzialità, non solo in termini quantitativi ma qualitativi del cibo. Così facendo la lotta all’immigrazione e alla malnutrizione ha un senso. La strategia messa a punto, che va a abbracciare investimenti virtuosi già avviati da Eni e Bf, guarda “allo sviluppo” di quei territori, aveva fatto notare Lollobrigida. E ora al G7 in Puglia a raccogliere per prima l’invito della premier è la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen: “L’Europa vuole un partenariato reciprocamente vantaggioso con l’Africa. La nostra sicurezza e prosperità sono interconnesse”.

Quindi spiega: “Il nostro partenariato con l’Africa è passato dall’aiuto allo sviluppo a un partenariato tra pari. Questo è stato il nostro approccio negli ultimi cinque vertici del G7. Anche Cina, Russia e Medio Oriente comprendono le opportunità dell’Africa” e “l’offerta del G7 deve essere migliore”. Intanto sul continente
africano si concentra anche l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, che prende parte con i leader all’evento sulla ‘Partnership For Gobal Infrastructure and Investment (PGII)’ e sottolinea la necessità di “un cambio di paradigma rispetto a quanto fatto in passato” su quel territorio. “Prima di investire in Africa per l’approvvigionamento di fonti per la nostra sicurezza energetica, – spiega Descalzi – dobbiamo adottare una visione politica capace di colmare il divario, consentendo all’Africa di diventare un partner che opera su un
piano di parità”.

Alla stessa sezione del vertice è presente anche Dario Scannapieco Ceo di Cassa Depositi e Prestiti, che sottolinea come “gli investimenti necessari per affrontare le sfide climatiche e sociali in Africa richiedano un approccio sistemico attraverso una combinazione di tre elementi: risorse pubbliche, contributo finanziario e conoscenze sul campo da parte delle istituzioni finanziarie per lo sviluppo e un maggiore coinvolgimento dei privati”. La prova, questa, secondo la premier della “volontà di far seguire azioni concrete ai nostri impegni. Da questo G7 non vogliamo che escano solamente documenti, vogliamo che escano anche fatti concreti che costruiscono quegli impegni”.

Così il cinquantesimo vertice del G7, il settimo a guida italiana, “non si chiude ma si apre al mondo”, come da programma nelle intenzioni di Giorgia Meloni, da cui la significativa rappresentanza a Borgo Egnazia del continente: dal presidente della Repubblica Islamica di Mauritania Mohamed Ould Ghazouani, che è anche presidente di turno dell’Unione africana, al presidente algerino Abdelmadjid Tebboune, a quello
della Tunisia Kais Saied e a quello del Kenya William Ruto, oltre al presidente della Banca africana per lo sviluppo, Akinwumi Adesina. Del resto Meloni per arrivare fin qui la strada l’aveva tracciata già a gennaio scegliendo il vertice come primo appuntamento internazionale da promuovere nell’anno della presidenza del G7, quando, di fronte ai rappresentanti di 46 Paesi (inclusi capi di Stato e di governo) e di 25 organismi
multilaterali, riuniti in Senato, aveva svelato il piano Mattei.

Summit dei leader al G7 in Puglia

Il Piano Mattei punta a diminuire i tassi di malnutrizione, favorire lo sviluppo delle filiere agroalimentari, sostenere lo sviluppo dei bio-carburanti non fossili. Per l’Algeria è previsto “un progetto di monitoraggio satellitare sull’agricoltura“, in Mozambico “un centro agroalimentare che valorizzi le eccellenze e l’esportazione dei prodotti locali”, mentre in Egitto il Piano intende “sostenere in un’area a 200 chilometri da Alessandria la produzione di grano soia, mais e girasole, con investimenti in macchinari, sementi, tecnologie, e nuovi metodi di coltivazione“.

A gennaio scorso la premier Giorgia Meloni, parlando dei progetti sull’agricoltura, ha ribadito l’obiettivo degli obiettivi: “Non siamo impegnati solamente sulla ‘food security’, ma anche sulla ‘food safety’. Cioè la sfida che vogliamo centrare non è solo garantire cibo per tutti, ma garantire cibo di qualità per tutti”, ha spiegato. “Ed è fondamentale in questo il ruolo della ricerca, ma come ho già detto, non credo che quella ricerca debba servire per produrre cibo in laboratorio e andare, magari, verso un mondo nel quale chi è ricco potrà mangiare cibo naturale e chi è povero si potrà permettere solo quello sintetico, con effetti sulla salute che non possiamo prevedere. Non è questo il mondo che vogliamo costruire”.

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