Troppo comodo beneficiare del sostegno dell'Unione per poi agire di testa propria. E chi non è d'accordo può fare come ha fatto la Gran Bretagna. Non siamo più disposti nei riguardi delle nazioni che non perseguono fini comunitari.
Durante gli anni tra il 1914 e il 1945 è stata combattuta quella che molti storici hanno definito una vera e propria guerra civile europea. Per altro condizionata in modo particolare dalla rivalità tra Francia e Germania ma che ha visto impegnarsi tutti gli stati del “vecchio continente” in una lotta fratricida che ha causato milioni di morti e sofferenze indicibili.
Non è quindi un caso che già durante la seconda guerra mondiale Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, nel loro esilio di Ventotene, in provincia di Latina, elaborassero un documento che è passato alla storia come la “Carta di Ventotene“. Nel manifesto si prospettava la nascita degli Stati Uniti d’Europa, ovvero di un’Europa unita – politicamente ed economicamente – e che potesse vivere sempre in pace e soprattutto nel benessere.
Il Trattato di Maastricht nel 1992 ha segnato un momento importante per la nascita dell’Unione Europea con la previsione di una moneta unica, l’Euro, che è stata poi “commercializzata” a partire dal 2002. Successivamente forse si è voluto “esagerare” aprendo indiscriminatamente le porte dell’Unione a tutti coloro che ne facevano richiesta, soprattutto a quei paesi del Patto di Varsavia che orfani dell’aiuto sovietico cercavano in tutta fretta un altro protettore.
Le ragioni che hanno portato all’ingresso nell’Unione Europea di Stati come Polonia e Ungheria sono senza dubbio comprensibili ma oggi si stanno ritorcendo purtroppo contro chi li ha accolti. I governi di Varsavia e Budapest hanno posto infatti il veto alla condizione che vuole subordinare la concessione dei fondi previsti dal cosiddetto “Recovery Fund” al rispetto dello stato di diritto da parte degli stati beneficiari.
Sembra “fantascienza” invece è sotto gli occhi di tutti: la Polonia e l’Ungheria non stanno rispettando oggi lo stato di diritto che prevede la separazione tra potere esecutivo e potere giudiziario in uno con la libertà di stampa e di critica al governo. Chi non rispetta i diritti fondamentali dell’uomo, e ricordiamo che da poco in Polonia è anche vietato l’aborto, non può rimanere nell’Unione Europea e deve essere pesantemente sanzionato. O cacciato fuori.
E invece il partito “Fidesz” di Orban continua ad essere membro del Partito Popolare Europeo mentre Giorgia Meloni posiziona Fratelli d’Italia nel Gruppo dei Conservatori e Riformisti europei dove non a caso si trova anche il partito dei fratelli Kacynsky, Diritto e Giustizia (Pis), oggi al governo in Polonia e promotore di una politica reazionaria, sovranista e antieuropea.
Se poi aggiungiamo che la Polonia è la nazione che riceve ogni anno più fondi dall’Unione Europea (la secondoa è l’Italia), il quadro è completo. L’Unione funzionerà davvero solo quando i suoi membri saranno tutti uniti e crederanno nei medesimi principi. Chi non è d’accordo può tranquillamente andarsene come ha fatto la Gran Bretagna.
Dobbiamo dire basta a chi vuole sfruttare i vantaggi dell’U.E. ma non è disposto a rispettare le più elementari regole di democrazia. I nostri politici devono tenere conto di tutto questo e non possono continuare a coprirsi gli occhi. Bene che vada.
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