Ci può essere redditività solo se c’è un’esplosione della domanda. Ma senza un aumento delle commissioni per il cliente finale o una riduzione dei costi, oggi impensabile, sembra molto improbabile la sopravvivenza. Cosi ha detto l'economista Becchis e non c'è da stare allegri.
Roma – Non solo i rider ma anche le società del food delivery sono disperate. Come imprese, infatti, il modello di business e gli incassi non sono sufficienti a coprire le spese. Le grandi crisi portano sempre grandi cambiamenti. Sia economici che sociali. Così nel bene o nel male dopo una bufera niente è più come prima. E continuerà ad essere così anche dopo che ci saremo messi alle spalle lo stramaledetto Covid-19, destinat a cambiare il mondo che conosciamo, come solo una guerra di proporzioni globali avrebbe saputo fare.
Un mutamento che ruota intorno ad un caposaldo: l’interazione con gli altri, che avviene sempre più di rado e sempre più a distanza, con il piacere per il contatto – umano e non solo – diventato, invece, motivo di timore. Finito il lockdown, passata l’emergenza si rischia di allungare ben oltre i termini di legge il nostro isolamento, proiettandolo nelle scelte di consumo e, più in generale, nel nostro stile di vita. Con tutti i cambiamenti ipotizzabili, nel mondo dell’alimentazione, l’e-commerce ed il food delivery sono senza dubbio le due tendenze più evidenti.
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Una crescita esponenziale del food Delivery si è avuta, in pieno periodo di reclusione. Infatti e’ stata una delle poche attività redditizie. Nel lungo periodo di transizione che si sta vivendo, tra norme stringenti e timori della clientela, la consegna a domicilio e’ la preferita alla visita al ristorante, perché considerata nel complesso più sicura. Questo fattore avrebbe dovuto portare ad un’ulteriore balzo in avanti del numero di fattorini o rider che dir si voglia. Ma così non è stato, purtroppo. Nonostante la “consegna” potesse essere considerata una leva per superare la crisi e dare consistenza ad un mercato già favorevole. Diversi esperti del settore ipotizzano grandi cambiamenti sociali, che devono essere tenuti in considerazione nel prossimo futuro.
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Nell’attesa di nuovi redditi, i conti del settore sono terribili. Infatti la divisione “Eats di Uber, Foodora (Delivery Hero), Glovo” sono tutte aziende in perdita. L’unica che sta in equilibrio, ed è riuscita anche a fare 80 milioni di profitti l’anno scorso, è Just Eat, che però ha un modello diverso, “ibrido”: l’app nella maggioranza dei casi affida le consegne ai ristoratori, mentre si occupa solo di procurare i clienti. La verità è che non si può pretendere, con qualche euro pagato dal cliente per la consegna, di coprire il costo di una persona che va a ritirare un piatto al ristorante e lo porta rapidamente a chi se lo vuole gustare.
Per una startup, per esempio, è normale perdere soldi nei primi anni per poi iniziare a fare utili quando si raggiunge una dimensione adeguata. Nell’attesa ci pensano gli investitori a finanziare l’attività coprendo le perdite. Allo stesso tempo, per chi fa ristorazione, occorrerà promuovere modelli diversi che possano assicurare una riduzione dei costi con professionisti capaci di assecondare la loro crescita.
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Il mondo del food delivery oggi è un oligopolio con pochi soggetti che hanno raccolto abbastanza capitali per stare sul mercato per qualche anno. La consegna di pranzi e cene a domicilio e’ stata notevole, la domanda è schizzata con milioni di persone costrette in casa. Ma adesso, anche se inverosimile, il settore pare essere in difficoltà. Una crisi pilotata, forse, da piani ben precisi. Chissà…! Sono in corso aggregazioni, perché soltanto chi è davvero enorme può sperare di durare più a lungo degli altri. L’economista Franco Becchis azzecca in pieno:
“…Ci può essere redditività solo se c’è un’esplosione della domanda – dice Becchis – peraltro il rider lungo il suo tragitto può fare diverse consegne, allora sì che si potrà parlare di economia di scopo. Ma senza un aumento delle commissioni per il cliente finale o una riduzione dei costi, oggi impensabile, mi sembra molto improbabile la sopravvivenza…”.
In questa competizione tra chi sa reggere meglio le perdite nella speranza che un giorno arrivi l’utile, è impossibile immaginare un “naturale” miglioramento delle condizioni di lavoro dei rider. L’unico passo avanti può arrivare con regole migliori. Per il momento non c’è governo che ci sia riuscito. Un numero crescente di locali guarda al “food delivery” per continuare la propria attività, tutelando di fatto anche l’occupazione, grazie a piattaforme che consentono l’acquisto da casa. Il tempo, però, è tiranno e chi non riesce ad anticipare l’evoluzione della società rimarrà fuori. Anche questa crisi porta con sé alcune opportunità, ma sopravviverà solo chi saprà adattarsi al cambiamento. Coraggio e visione sono necessari elementi per procedere nel cammino.
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