Il deterrente suggerito da Giovanni Falcone è ancora estremamente valido per combattere la criminalità organizzata. Speriamo che anche la Consulta sia di questo avviso sennò vedremo di nuovo in circolazione mafiosi e camorristi che continuerebbero a delinquere senza remore.
Roma – L’ergastolo ostativo fa parte delle norme suggerite nel 1991 dal giudice Giovanni Falcone, allora direttore degli Affari penali del ministero della Giustizia. L’obiettivo era spingere più mafiosi a collaborare con la giustizia e allo stesso tempo creare un forte deterrente. L’articolo 4 bis della legge sull’ordinamento penitenziario (L. 26 luglio 1975, n. 354) esclude dall’applicabilità dei benefici penitenziari gli autori di reati considerati particolarmente gravi se il condannato non collabora con la giustizia o se la collaborazione sia impossibile o irrilevante. Il limite, quindi, non si riferisce solo al caso dell’ergastolo, vale anche per condanne più lievi ma la Corte Costituzionale ha ritenuto illegittima solo questa pena.
L’8 novembre, comunque, la Consulta si riunirà e farà le sue valutazioni sul decreto legge approvato dal governo Meloni che, di fatto, ha confermato il cosiddetto ergastolo ostativo. Tale provvedimento esclude dai benefici, come la liberazione condizionale, il lavoro all’esterno, i permessi premio e la semilibertà, tutti i detenuti condannati al fine pena mai per una serie di reati se non collaborano con la giustizia. La Corte Costituzionale nell’aprile del 2021 aveva giudicato tale reato in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione. In sostanza il richiamato Consesso aveva dichiarato l’incostituzionalità della pena attraverso un’ordinanza, dunque non un atto definitivo, e aveva previsto un anno di tempo perché il Parlamento modificasse la norma secondo le indicazioni date dagli stessi giudici costituzionali.
Nonostante una proroga concessa il Parlamento precedente non era riuscito ad approvare la nuova legge nei tempi stabiliti lasciandosi la questione aperta alle spalle. Il rischio temuto dal nuovo governo è che la Corte Costituzionale, riunendosi dopodomani e poiché il Parlamento non ha ancora riformato la legge, intervenga con una sentenza di incostituzionalità immediata permettendo quindi a tutte le persone attualmente condannate all’ergastolo ostativo di accedere ai benefici di legge.
Si sarebbe trattato di un tipo di sentenza che alcuni definiscono “svuota carceri”. Attualmente la maggior parte dei detenuti condannati all’ergastolo non può usufruire di quei benefici che sono stati introdotti nel nostro ordinamento a partire dagli anni Sessanta. Nel 1962 una modifica di legge incluse i condannati all’ergastolo tra coloro che potevano accedere alla liberazione condizionata, a patto che avessero scontato 28 anni di pena, poi ridotti a 26 anni, con la legge Gozzini del 1986.
Quest’ultima legge prevede che il condannato per sempre può uscire dal carcere per il lavoro esterno e per i permessi premio, “tenendo conto del percorso rieducativo” dopo l’espiazione di almeno 10 anni di pena e solo dopo 20 anni usufruire della semilibertà. Infine la legge Gozzini stabilisce che la persona condannata all’ergastolo che dia prova di partecipare all’opera di rieducazione può avere, come gli altri detenuti, una detrazione di pena di 45 giorni per ogni semestre di pena scontata con conseguente riduzione dei termini per l’ammissione ai benefici penitenziari. I sostenitori dell’ergastolo ostativo ritengono che mantenere tale norma sia ancora essenziale per combattere la mafia, il terrorismo e la criminalità organizzata, mentre diversi giuristi ed opinionisti sostengono che tale provvedimento sia in contrasto anche con la funzione rieducativa.