Sono alleanze momentanee che non promettono nulla di buona. Anche Calenda ha dimostrato di essere più ondivago di altri per poi fare una scelta assai discutibile. Comunque stiano le cose, accordi o no, saranno le urne a premiare o distruggere partiti e movimenti già in grande affanno.
Roma – Il dado è tratto, nasce il cosiddetto “Terzo polo”, almeno queste sono le speranze di Calenda e Renzi. Infatti per la definitiva legittimazione bisognerà attendere l’esito delle elezioni, in quanto per adesso sembra che in terza posizione potrebbe arrivare il M5s, dopo il centrodestra ed il centrosinistra. Si vedrà. In ogni caso potrebbe definirsi più correttamente “Polo di centro”, definizione che fa infuriare Forza Italia ed in particolare il coordinatore nazionale Tajani, il quale afferma che il vero centro dei moderati, guarda caso, esiste già e da tempo.
Ed è rappresentato, ovviamente, da Forza Italia che però sembra sempre più incastonata tra due paletti, uno di destra e l’altro populista, come FdI e Lega. Comunque sia l’accordo siglato tra Matteo Renzi e Carlo Calenda prevede una divisione perfetta, il 50% ai candidati d’Italia Viva e l’altra metà a quelli di Azione. Per quanto riguarda il simbolo, invece, non vi sarà il nome dell’ex segretario del Pd, ma solo quello di “Carletto”. A guidare l’alleanza del quarto polo, infatti, sarà proprio Calenda. Dunque, sul contrassegno elettorale risalterà solo il nome dell’ex ministro dello Sviluppo Economico.
Presenti, invece, i simboli dei due partiti, Azione e Italia Viva con la scritta “Renew Europe”, cioè il gruppo dei liberali Ue al quale hanno aderito sia i calendani che i renziani all’Europarlamento. Altro evento inaspettato, per le forti personalità che hanno entrambi, è la partita elettorale che non si giocherà a due punte, poiché a guidare la campagna elettorale sarà proprio Calenda il quale, ringraziando Matteo Renzi per il gesto di generosità, si è mostrato contento e onorato del ruolo di “trainer” e “speaker elettorale”. Rimane, in ogni caso, l’autonomia dei partiti.
“…Il voto al terzo polo è utile, così come è importante mandare in parlamento persone competenti. Dopodiché, se domani c’è un governo che non funziona, si darà una mano. E mettiamo uno serio che si chiama Mario Draghi…”, dichiara il leader di Italia Viva Matteo Renzi che non si sottrae alle battute, al vetriolo, tanto da affermare che “…Enrico Letta ambirebbe alla segreteria generale della Nato, ma con la sua capacità strategica tempo sei mesi i russi arriverebbero in Portogallo…”, una frase infelice che non ha fatto ridere nessuno e che francamente si poteva risparmiare.
Anche Federico Pizzarotti è entusiasta di avere scelto di piazzarsi con il terzo polo proposto da Renzi e condiviso da Azione. In Sicilia, nel frattempo, sale la temperatura nel centrosinistra tra Pd e M5s. La tensione è ai massimi livelli, tanto che a pochi giorni dal deposito dei simboli elettorali per le regionali del 25 settembre, i 5 stelle avrebbero chiesto ai Dem di non mettere nel proprio simbolo il nome della candidata alla presidenza della Regione onde evitare che Chinnici sia identificata, almeno sul logo, come espressione del Pd.
La richiesta fatta da Di Paola, referente regionale grillino, pare sia stata rispedita al mittente da parte del segretario regionale dem Barbagallo. Nonostante, però, l’intransigenza del M5s sui 9 punti programmatici presentati al Pd per proseguire l’alleanza elettorale, la presidente designata cerca di ricucire, anche se un po’ ingessata, gli strappi tra i due partiti.
Nel centrodestra siciliano, attraverso veti incrociati, continua il balletto di proposte di candidature a presidente della regione. FdI mostra il cartellino rosso per la Prestigiacomo proposta da F.I. e Lega, mentre non ha ancora digerito l’estromissione di fatto di Musumeci, costretto a rinunciare alla corsa a causa degli stop incrociati degli alleati. Il tempo passa, ormai si è giunti al capolinea senza il centrodestra riesca a giocare la partita ed entrare in campo con una designazione autorevole. Il toto-candidati impazza.