Il mistero della morte di Laura Ziliani è di difficile soluzione ma gli inquirenti stanno lavorando senza soste e senza tralasciare alcun particolare. L’omicidio è la pista privilegiata ma il cadavere della donna non mostrava segni di violenza. Rimane da vedere se non è stata avvelenata poiché anche il suicidio ed un eventuale incidente non sembrano probabili. A breve potrebbe esserci una svolta.
Temù (Brescia) – Per gli inquirenti è un bel rebus da risolvere quello sulla morte di Laura Ziliani, l’ex vigilessa di 55 anni scomparsa dalla sua casa di Temù, in Val Camonica, l’8 maggio scorso. Il cadavere scoperto da un bambino sulle sponde del fiume Oglio, a circa mezzo chilometro dal Comune bresciano, è quello della donna sparita nel nulla.
Del corpo senza vita dell’impiegata comunale, completamente mummificato, affiorava soltanto un piede dalla superficie fangosa resa consistente dalla tracimazione del corso d’acqua provocata dalle forti piogge di due settimane fa.
Alla prima ricognizione autoptica il cadavere appariva svestito e privo di capelli, particolari questi assai importanti per gli inquirenti che stanno verificando anche le dimensioni e la profondità della buca, compresa l’esatta dislocazione, dentro la quale Laura Ziliani sarebbe stata seppellita dopo il presunto omicidio.
Per altro quella zona era stata già battuta dai volontari di Protezione civile sin dal giorno della scomparsa senza notare nulla di anormale. Adesso però i carabinieri del nucleo Investigativo di Brescia, diretti dal maggiore Alberto Degli Effetti, ed il Pm Caty Bressanelli, non lavorano più su ipotesi e testimonianze ma su dati di fatto che diventano più pregnanti, ai fini investigativi, dopo le rivelazioni dell’autopsia e le verifiche anatomopatologiche sul corpo della donna eseguite dal medico legale Andrea Verzeletti degli Spedali Civili di Brescia.
Il corpo della Ziliani non presenterebbe ferite né lesioni inflitte da agenti esterni. Nemmeno fratture che potrebbero far pensare ad una caduta accidentale. I suoi polmoni non contenevano acqua dunque l’ipotesi annegamento non è plausibile. In quanto alla testa rasata pare che il particolare sia riconducibile ad un normale fenomeno post-mortem a dire il vero non molto frequente. Rimane in piedi l’ipotesi dell’avvelenamento ma qualcosa di più si potrà sapere dopo gli esami tossicologici.
Gli inquirenti, comunque, pare ipotizzino due piste privilegiate: la prima è quella che ha portato a iscrivere sul registro degli indagati, con le accuse di omicidio volontario e occultamento di cadavere, due delle tre figlie della vittima, Paola Zani di 19 anni e Silvia Zani di 27 oltre al fidanzato trentenne di quest’ultima; la seconda il suicidio dell’impiegata comunale.
La pista dell’incidente è diventata ormai un binario morto atteso che la Ziliani era esperta di escursioni in montagna e conosceva perfettamente il territorio dove era solita camminare per ore. Dunque la donna sarebbe stata uccisa e poi seppellita in una zona dove gli assassini (anche questa è un’ipotesi percorribile) erano sicuri di non lasciare tracce e dove il cadavere poteva essere nascosto e mai più ritrovato.
Le forti piogge, però, avrebbero scombinato il piano degli ipotetici criminali che avrebbero agito con tanta ferocia per un movente che rimane sconosciuto. Soldi o che altro? Ma, soprattutto, chi aveva interesse ad ammazzare Laura Ziliani?
Per il suicidio le cose cambiano: tutto può essere ma la donna, dopo la morte del marito Enrico Zani, scialpinista di 53 anni, perito assieme ad un collega sotto una slavina nel 2012, aveva conosciuto un nuovo compagno e si era rifatta una vita. L’ex poliziotta della locale, poi passata alle dipendenze del Comune di Roncadelle, si era trasferita a Urago Mella con l’altra figlia di 25 anni, con problemi psicologici, mentre quando poteva tornava in Val Camonica anche per sovrintendere ai lavori edili delle sue case.
I carabinieri, infatti, stanno verificando in maniera approfondita i rapporti della donna con le altre due figlie ed il futuro genero soprattutto per i rapporti economici che li legavano per via dell’attività familiare di bed&breakfast messa su recentemente e che riguardava la ristrutturazione di alcuni immobili nel centro di Temù e di proprietà della vittima.
Particolare interesse suscitano adesso le dichiarazioni che le due sorelle rilasciarono agli inquirenti subito dopo la sparizione della congiunta. Le due germane dissero di aver visto la madre la sera del 7 maggio e di averla accolta in casa. Alle 7 del giorno successivo Laura Ziliani aveva manifestato l’intenzione di fare un’escursione nei boschi, sempre a detta delle due figlie, e che sarebbe tornata per le 11.
Laura spariva dalla circolazione per sempre. Di lei rimaneva soltanto il suo cellulare, che portava sempre con sé, abbandonato dietro un mobile della cantina mentre mancava all’appello il suo inseparabile orologio con Gps che indossava sempre durante le sue uscite in montagna. Poi il ritrovamento della scarpa da trekking che le due figlie avevano attribuito alla madre. Era davvero sua quella scarpa abbandonata sulla ciclabile?
In paese non si parla d’altro ma tutti protendono per la morte violenta e per il movente economico atteso che la vittima era proprietaria di un cospicuo patrimonio immobiliare con case e appartamenti oltre che a Temù (dove stava sorgendo un B&B composto da più unità abitative) anche a Malonno, Edolo e Brescia:
“…L’hanno uccisa e seppellita – ha detto il sindaco Giuseppe Pasina – la conoscevamo tutti, era una brava persona, affezionata alla montagna e alle nostre vallate. Una tragedia per un piccolo centro tranquillo come il nostro…”.