Il deputato ragusano Nello Dipasquale annuncia la presentazione di una interrogazione parlamentare all’Ars sulla possibilità di sfruttarla.
Ragusa – La Sicilia non è senz’acqua come sembra. L’allarme siccità potrebbe finalmente essere scongiurato: c’è infatti una enorme riserva idrica sotto i Monti Iblei ed è talmente vasta da poter mettere la parola fine a questa estate difficile. Ad affermarlo è una recente ricerca scientifica: “La Regione ci dica se ha intenzione di ricorrervi per far fronte alla crisi idrica”. Così il deputato ragusano Nello Dipasquale annuncia la presentazione di una interrogazione parlamentare all’Ars. “Il momento che stiamo vivendo ci invita ad assumere pronte soluzioni – aggiunge -. Il governo ha il compito di provare ogni strada per evitare l’aggravarsi della crisi”.
Secondo lo studio condotto dall’Università di Malta, dall’Ingv e dall’Università Roma 3, nelle viscere dei monti Iblei sono presenti 17 chilometri cubi di acqua a una profondità tra i 700 e i 2.500 metri, un vero e proprio giacimento d’acqua fossile rinvenuto durante le ricerche di idrocarburi. Il bacino è formato da acqua solo in parte debolmente salmastra che potrebbe essere utilizzata per usi irrigui, per gli allevamenti e, con gli opportuni trattamenti, anche a fini idropotabili. Ma non si tratta della panacea di tutti i mali. Ci sono importanti difficoltà estrattive. Bisognerebbe perforare e valutare gli effetti del prelievo sulla stabilità. insomma si tratterebbe di una ricerca d’acqua ma con sistemi analoghi a quelli petroliferi. Ed essendo fossile solo dopo i primi prelievi e i primi campionamenti si saprebbe davvero se utilizzabile in sicurezza.
“Con l’interpellanza ho chiesto al governo della Regione se è a conoscenza di questo studio e quindi dell’esistenza di questo enorme bacino d’acqua nel Ragusano. Vogliamo sapere dunque se intende avviare immediatamente un serio progetto per allacciare questo polmone d’acqua alla rete idrica e utilizzarlo quando, come accade ormai da diverse settimane, le altre risorse non sono sufficienti”, spiega Dipasquale. Ma le cose potrebbero non essere così semplici come l’interpellanza le disegna. Si tratterebbe di una grande sacca di acqua dolce che fu risucchiata nella crosta terrestre 6 milioni di anni fa che è ancora sepolta in profondità sotto una catena montuosa in Sicilia. L’acqua dolce probabilmente rimase intrappolata nel sottosuolo durante la crisi di salinità del Messiniano, quando il Mar Mediterraneo si prosciugò dopo che il fondale oceanico attorno allo Stretto di Gibilterra iniziò a sollevarsi, isolando il mare.
Durante il Messiniano (da 7,2 milioni a 5,3 milioni di anni fa), l’acqua dolce si infiltrò nella crosta terrestre diverse migliaia di piedi sotto gli attuali livelli del mare a causa della crisi di salinità, hanno mostrato i risultati. La crisi ha visto il livello del mare scendere di circa (2.400 m) al di sotto dei livelli attuali in alcune parti del Mediterraneo. Questa “piscina fossile di acque sotterranee” si è poi accumulata in uno strato di rocce carbonatiche che agisce come “una sorta di spugna, dove sono presenti fluidi all’interno dei pori tra le particelle di roccia”, afferma l’autore principale dello studio Lorenzo Lipparini, geoscienziato dell’Università di Malta, L’Università Roma Tre e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
Ma perché questa spiegazione fosse valida, Lipparini e i suoi colleghi avevano bisogno di trovare un condotto che incanalasse l’acqua meteorica – l’acqua proveniente dalla pioggia e dalle nevicate – dal fondale marino del Mediterraneo alla formazione di Gela profondamente sepolta. La scarpata di Malta, una scogliera sottomarina lunga 300 chilometri che si estende verso sud dal margine orientale della Sicilia, “è un probabile candidato per una connessione così diretta”, hanno scritto i ricercatori nello studio. In altre parole, è probabile che il condotto mancante sia all’interno della scarpata. La crisi della salinità messiniana, durata circa 700.000 anni, si è conclusa bruscamente con un aumento “estremamente rapido” del livello del mare che potrebbe aver cambiato le condizioni di pressione e “disattivato l’intero meccanismo”, hanno scritto i ricercatori nello studio.
È anche possibile che sedimenti e depositi minerali abbiano sigillato il condotto lungo la scarpata di Malta durante la crisi di salinità, impedendo all’acqua di mare di mescolarsi con l’acqua dolce nella formazione di Gela nei milioni di anni successivi, hanno osservato i ricercatori. Il team spera che l’acqua dolce possa essere pompata per alleviare la scarsità d’acqua in Sicilia.